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Mele selvatiche Novità in palafitta

25 agosto 2021


Sospesi sull’acqua

Novità importanti arrivano dalla quinta campagna archeologica presso Palù di Livenza, in Friuli Venezia Giulia, dove sorge il noto insediamento neolitico iscritto nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO nella serie transnazionale dei Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino.

50 mq di novità

L’area di scavo indagata negli ultimi anni è quella denominata Settore 3: un “tesoretto archeologico” di soli 50 mq (sui 60.000 mq totali), che consente tuttavia di fare piena luce sull’insediamento palafitticolo. In particolare, è da un deposito archeologico perfettamente conservato, databile tra  4300 e  4200 a.C. , che sono derivate le informazioni per definire con precisione buona parte della storia del sito nel corso della fase finale del Neolitico.

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Sono state identificate ben 5 fasi strutturali di almeno quattro villaggi palafitticoli differenti che si sono succeduti nel tempo alternandosi a brevi periodi di abbandono della zona.

Tracce di vita neolitica

Oltre agli abbondanti frammenti di ceramica, strumenti di pietra, ossa animali e resti botanici (semi di cereali, frutta, funghi xilofagi), le ricerche hanno messo in luce centinaia di pali lignei infissi nel suolo limoso associati a grandi travi distese che servivano da fondazioni delle capanne su palafitte. In particolare, sono state riconosciute le strutture portanti di capanne sovrapposte tra loro e relative a ciascuna delle fasi individuate.

Un luogo privilegiato

Ora possiamo affermare che gruppi neolitici con tradizioni culturali e provenienze diverse si sono stanziati al Palù di Livenza tra il 4.300 e il 3.600 a.C., scegliendo questo luogo come sede favorevole dove edificare i villaggi.

I sistemi costruttivi delle capanne identificati nelle varie fasi presentano analogie di carattere tecnico e utilizzano lo stesso tipo di impianto: si tratta di plinti orizzontali di fondazione e consolidamento delle strutture rialzate su palafitta, la cui funzione poteva essere sia quella di vere e proprie abitazioni che di edifici accessori a esse, come depositi attrezzi o granai.

Casa dolce casa

Lunghe travi lignee di quercia di lunghezza variabile tra i 3 e i 4 metri con fori passanti quadrangolari posti a distanza regolare costituivano le fondazioni degli edifici sovrastanti fungendo da “racchette” che consentivano il galleggiamento delle capanne sopra il limo naturale del fondo.  Le pareti erano almeno in parte intonacate con argilla e dentro le abitazioni c’erano dei focolari attorno ai quali si svolgevano le attività del vivere quotidiano.

Magazzino per granaglie e mele selvatiche

Le ultime indagini hanno riportato in luce i resti di una struttura su palafitta di dimensioni più ridotte rispetto a quelle individuate nelle fasi più recenti, questo porta a ipotizzare che si tratti di un deposito o magazzino dove erano conservate granaglie, mele selvatiche messe a essiccare, blocchi informi di selce e alcuni oggetti lignei non finiti (un piccolo cucchiaio, degli attrezzi agricoli e altri oggetti di difficile interpretazione). Tra i materiali raccolti c’è anche un bastone da scavo in legno che possiamo immaginare come vanga neolitica.

E spunta anche un’ascia da parata

È emerso infine un reperto di eccezionale valore, non solo per il suo stato di conservazione, quasi perfetto, ma anche per l’unicità della lavorazione: si tratta di un’ascia in legno perfettamente levigata che, per la sua raffinatezza ed è eleganza, potrebbe essere interpretata come un’ascia da parata più che un semplice strumento da lavoro.

Ancora una volta Palù di Livenza si dimostra un importante archivio per la conoscenza delle relazioni tra l’uomo e l’ambiente nel passato e per approfondire le informazioni sulla vita nelle aree umide nella preistoria.

Trovate anche “gomme da masticare”

Inn passato nei  livelli del villaggio più recente, databili tra il 3900 e il 3600 a.C. , gli scavi hanno consentito di scoprire anche “gomme da masticare” del Neolitico: si tratta di piccoli grumi di pece di betulla che recano tracce di denti umani e che provano l’abitudine di masticare questa sostanza, forse per le proprietà antisettiche e antinfiammatorie che possiede oppure per il semplice piacere gustativo.

Grazie a…

L’intervento di quest’anno, realizzato grazie al contributo del Comune di Caneva nell’ambito del finanziamento della Regione Autonoma FVG. Le indagini sono dirette dalla Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio del FVG e condotte sul campo dalla ditta CORA Società Archeologica Srl di Trento con il supporto logistico e la collaborazione dei volontari del Gruppo Archeologico di Polcenigo (GrAPO).


Nella foto di apertura: mele selvatiche spezzate a metà e carbonizzate dall’incendio del deposito della prima capanna, rinvenute in
questi ultimi giorni di scavo al Palù di Livenza.