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Preistoria e Italia Unita: tutto in un Congresso (150 anni fa)

20 settembre 2021


di Daniele Vitali 

Quando la preistoria divenne importante

Accadeva esattamente 150 anni fa. Dall’1 all’8 ottobre 1871. L’Italia riunificata doveva ancora prendere consapevolezza della sua nuova realtà. Pio IX si rifiutava di ammettere la legittimità del ricongiungimento di Roma e degli stati pontifici all’Italia scomunicando apertamente il nuovo stato laico.

In tutto ciò, il nostro Paese stava passando alla storia (anche) per un altro motivo: avrebbe ospitato a Bologna, in quella prima settimana di ottobre di un secolo e mezzo fa, nientemeno che il prestigioso Congresso Preistorico Internazionale. Dopo Svizzera, Francia, Inghilterra e Danimarca, nel capoluogo emiliano arrivarono oltre duecento studiosi da tutto il mondo. Di fatto quella settimana avrebbe segnato una svolta epocale facendo il punto sullo stato delle ricerche paleoetnologiche italiane. Oggi, in un momento nel quale nelle Università le discipline pre-protostoriche sono in affanno, a causa della drastica riduzione di posti di prima fascia (4 posti in tutto il Paese) la Preistoria e la Protostoria rischiano di venir catapultate in un tragico cono d’ombra. Va ricordato il ruolo federatore dell’Istituto Italiano di preistoria e protostoria (IIPP) con sede a Firenze, nato nel 1954, che ha come obiettivo la promozione degli studi in Italia e del quale fanno parte universitari, studiosi , funzionari di soprintendenze e musei. Per le prospettive universitarie la ricorrenza del congresso bolognese assume il valore di un monito.

L’atto di fondazione del Congresso Preistorico Internazionale del 1871 si deve all’iniziativa di un gruppo di naturalisti che partecipavano alla seconda riunione straordinaria della Società Italiana di Scienze Naturali presieduta da Giovanni Capellini a La Spezia (19-21 settembre 1865). In tale occasione venne approvata la proposta di istituire un convegno di “cultori dell’Archeologia e Antropologia antistorica”. La richiesta fu presentata da Edouard Desor e da Gabriel de Mortillet che, assieme a Edouard Lartet, durante la 49° sessione della Société Helvétique des Sciences Naturelles (21- 23 agosto 1865) avevano sottolineato la situazione di «sviluppo e importanza sempre più crescenti degli studi che avevano il fine di fare conoscere l’origine dell’umanità e le prime pagine della storia».

Dritti alla meta

Il Congresso Preistorico Internazionale di Bologna avrebbe innescato la condivisione di protocolli di ricerca comuni nonché il collegamento periodico e costante tra gli studiosi europei di ambito preistorico. I risultati sarebbero stati quelli di una uniformità dei metodi di lavoro e una ottimizzazione della diffusione globale dei risultati conseguiti, che fino a quell’epoca erano risultati confinati ad aree regionali.

A partire dal… 1866

La prima sessione del Congresso Paleoetnologico si tenne in Svizzera, a Neuchâtel, nel 1866, sotto la presidenza di Edouard Desor. La seconda a Parigi (17 agosto 1867) sotto la presidenza di Edouard Lartet, in occasione dell’Esposizione Universale. A Parigi il Congresso Paletnologico assunse il titolo definitivo di “Congrès International d’Anthropologie et d’Archéologie préhistoriques”, che sottolineava la duplicità delle anime (l’Antropologia e l’Archeologia preistorica) che avevano tenuto a battesimo la nuova istituzione.

Poi fu la volta di Danimarca e Inghilterra

La terza sessione si tenne a Norwich in Inghilterra (20- 28 agosto 1868) sotto la presidenza del barone John Lubbock, in concomitanza con la riunione della British Association for the Advancement of Science. Tra il 27 agosto e il 5 settembre 1869 la Danimarca ospitò a Copenhagen la quarta sessione sotto la presidenza di Jens Jacob Asmussen Worsaae (1821- 1885) che R.C. De Marinis ha definito «il primo archeologo professionista nel vero senso della parola». Il numero di partecipanti alla sessione danese fu molto alto, per l’attrazione e l’importanza delle ricerche e dei documenti di archeologia preistorica fino a quel momento scoperti in Danimarca. A Copenhagen il francese venne adottato come lingua ufficiale del Congresso.

Infine… Bologna si fa avanti

Giovanni Capellini, professore di Geologia all’Università di Bologna, per la sessione che si sarebbe dovuta svolgere nel 1870 propose una candidatura “tutta italiana”, a Bologna. La scelta dipendeva dalla centralità geografica della città, ma soprattutto dalla vicinanza di importanti giacimenti archeologici e dalla tradizione scientifica autorevole segnata dalla sua antica Università. Bologna costituiva, assieme ad altre città emiliane (Modena, Reggio Emilia, Parma) uno dei centri più dinamici e impegnati nel campo delle ricerche di ambito pre-protostorico: da un lato le terramare, dall’altro le necropoli villanoviane di Villanova e quelle etrusche di Bologna, nonché le scoperte di Marzabotto. La presidenza fu affidata al conte Giovanni Gozzadini, senatore del regno d’Italia e autore di sensazionali scoperte archeologiche nel Bolognese.

Poco dopo la Breccia di Porta Pia

Il 1870 fu un anno terribile in Europa, per lo scoppio della guerra dichiarata dalla Francia di Napoleone III alla Prussia (luglio1870) conclusasi poche settimane dopo con la sconfitta francese a Sedan (1-2 settembre 1870). Il clima politico di difficoltà e incertezze anche interne alla Francia fece rinviare di un anno un Congresso che si sarebbe tenuto appunto tra l’1 e l’8 ottobre 1871. Si trattò di un congresso memorabile non solo per la presenza dei più autorevoli studiosi di preistoria, geologia, antropologia, zoologia del mondo, ma anche perché il convegno si teneva in un’Italia ufficialmente unita dal 20 settembre 1870 dopo la Breccia di Porta Pia.

Convegno simbolo dell’Italia laica

A tale data fu decretata la fine dello Stato pontificio come entità storico-politica, e l’annessione di Roma al Regno d’Italia. Il Pontefice (Pio IX) si rifiutava di ammettere la legittimità del ricongiungimento di Roma e degli stati pontifici all’Italia e scomunicava il nuovo stato laico. Ma a Roma venne trasferita comunque la capitale del Regno nel settembre dell’anno successivo. Anche questo scontro politico-ideologico (clericali/laici) fece da sfondo a molti dibattiti qualificati nell’ambito del convegno.

Il sostegno dei Savoia

Il Congresso si svolse soto il patrocinio di casa Savoia e il principe ereditario Umberto di Savoia, ventisettenne e amico di Cappellini, non fece mancare fondi speciali e appoggi al Congresso. Egli stesso partecipò alla giornata del 4 ottobre, nella quale era prevista una escursione a Marzabotto. La protezione della casa reale fu il più evidente legame tra scienza e politica in un Paese da poco libero e nel quale il pensiero scientifico laico poteva infine manifestarsi senza paura di censure e oscurantismi clericali. La stampa locale diede ampi resoconti (e si schierò pure, pro e contro) circa i contrasti tra progressisti e conservatori su temi chiave quali le origini dell’uomo.

Pezzi da novanta

Il comitato organizzativo era composto da Giovanni Gozzadini, Giovanni Capellini, Luigi Calori (professore di anatomia all’Università di Bologna), Giancarlo Conestabile (professore di Archeologia all’Università di Perugia), Giambattista Ercolani (professore di Veterinaria e Rettore dell’Università di Bologna), Francesco Rocchi (professore di Archeologia all’Università di Bologna). Gli argomenti da trattare nella sessione di Bologna furono: l’età della Pietra in Italia ; le caverne della frangia del Mediterraneo, in particolare della Toscana, confrontate con quelle del Midi della Francia; le abitazioni lacustri e le torbiere dell’Italia settentrionale, Analogie tra le terramare e i Kjøkkenmøddinger; cronologia della prima sostituzione del bronzo col ferro; questioni craniologiche relative alle differenti razze che hanno popolato le diverse parti d’Italia.

Studiosi da tutto il mondo

Al Convegno risultarono iscritti poco meno di quattrocento tra studiosi, personalità istituzionali, appartenenti a venti Paesi europei ma anche extra europei (Stati Uniti, Messico, Indie orientali) con circa duecento presenze da Svizzera, Svezia, Danimarca, Gran Bretagna e Irlanda, Francia, Germania, Austria e Ungheria e una foltissima schiera italiana. Il Congrés fu la prima occasione ufficiale per presentare lo stato di maturazione e consapevolezza delle ricerche paleoetnologiche italiane e anche per collegare le stesse al più ampio e più consolidato dibattito dei Paesi transalpini.

Va ricordato che proprio in Emilia, e precisamente a Modena, sei anni prima (1864) la casa editrice Zanichelli aveva pubblicato la prima traduzione italiana di On the origin of species by means of natural selectiondi Charles S. Darwin (1859) a cura di Giovanni Canestrini e Leonardo Salimbeni. Questo testo immetteva nel dibattito italiano tra evoluzionismo e creazionismo (già forte in ambito transalpino) le concezioni di Darwin, che divenne un elemento di pensiero anche nelle polemiche del congresso bolognese.

Una mostra collegata all’evento

Oltre al programma delle comunicazioni scientifiche, il Congresso di Bologna era accompagnato da una mostra ospitata nelle sale del Museo di Geologia dell’Università dal titolo l’“Esposizione italiana di antropologia e di archeologia preistoriche”. Diretta da Giovanni Capellini e attuata anche con l’aiuto di Luigi Pigorini, l’esposizione era incentrata sulle collezioni archeologiche che documentavano i risultati aggiornati delle ricerche “paletnologiche” in Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino, Emilia, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna, Arcipelago toscano, Palmaria, Pantelleria, Sicilia.

E per finire anche le visite ai cantieri di scavo

Nel programma del Congresso fu prevista una serie di escursioni a siti di scavo alla Certosa di Bologna (dove erano state indagate 365 tombe etrusche), a Marzabotto, dove fu possibile visitare il museo e l’area archeologica, a Montale, in provincia di Modena, per visitarne la terramara e infine a Ravenna per visitare i monumenti della città. L’occasione congressuale portò anche alla prima inaugurazione del Museo archeologico della città di Bologna.

Daniele Vitali
già Professeur des Universités
all’Université de Bourgogne-Franche-Comté, Dijon