Faraoni alla ricerca del turchese Antico Egitto

Egitto: faraoni alla ricerca del turchese

Archeologia Viva n. 156 – novembre/dicembre 2012
pp. 58-65

di Alessandro Roccati

In pieno deserto occidentale egiziano a una settantina di chilometri dall’oasi di Dakhla è stato rinvenuto

un gruppo di iscrizioni lasciate da alcune spedizioni per la ricerca di minerali pregiati al tempo di Cheope: gli inattesi risultati di una missione di ricerca italiana

Intorno a quattromilacinquecento anni fa, ai tempi della quarta dinastia, dopo quasi un quarto di secolo d’incessante lavoro, la “grande piramide” si ergeva, praticamente terminata, sul pianoro di Giza, a ovest del Cairo moderno, e si apprestava ad accogliere le spoglie di Cheope, il faraone della quarta dinastia che osò immedesimarsi nel Sole Ra.

I materiali per costruire la piramide e le sue pertinenze erano stati reperiti nei dintorni, ma anche fatti affluire da cave lontane, come le rocce granitiche della regione di Aswan, che con la loro durezza provocano le rapide del Nilo, dando origine alla prima cateratta.

Il lungo viaggio da Aswan a Giza, un migliaio di chilometri, era praticabile grazie al corso del fiume, che con la sua abbondanza d’acqua permetteva il trasporto di pesanti carichi su grosse imbarcazioni.

Con non inferiore ardimento altre spedizioni si spingevano attraverso i deserti, alla ricerca di risorse minerarie introvabili altrove.

Certo, minerali preziosi come i lapislazzuli erano da tempo commerciati su grandissime distanze, che potevano arrivare fino all’Afghanistan, attraverso una rete di passaggi intermedi.

All’Egitto non mancava il contraccambio pregiato, che era ricercato da altri lontani paesi, come l’oro, abbondante nel deserto orientale tra il Nilo e il mar Rosso.

Ma i materiali necessari in grandi quantità non potevano esser scambiati, e si doveva andare a trovarli direttamente, anche in luoghi inospitali. […]