5 novembre 2021
Cuore dell’agricoltura antica, base dell’approvvigionamento della capitale dell’impero, profetessa italica del chilometro zero: la Villa rustica romana di Fralana (a Roma) continua a sorprendere.
La struttura, attiva in età imperiale, tra II e III sec. d.C., sorge nella zona di Acilia-Malafede e recentemente è stata oggetto di un importante restauro da parte della Soprintendenza Speciale di Roma.
La scoperta quarant’anni fa
Il sito era noto già dalla metà degli anni Ottanta, quando a seguito di indagini preventive, erano venuti alla luce un’area di sepolture inquadrabili nel sec. II d.C. e un ampio bacino finalizzato allo sfruttamento delle risorse idriche del sottosuolo (cosiddetto lacus).
Salvataggio dal cemento
Successivamente è stata scoperta l’ampia villa rustica, sottoposta a vincolo archeologico diretto, escludendola così dalle attività edilizie e salvaguardandola all’interno di un parco pubblico.
Le recenti operazioni archeologiche sono state finalizzate alla ripulitura, restauro d’urgenza, sistemazione della zona vincolata nonché allo sfoltimento della fitta vegetazione spontanea che aveva ricoperto pressoché completamente la villa. Le attività svolte in questa nuova fase hanno così reso possibile la riapertura degli ambienti e delle pavimentazioni.
Novità dallo scavo
Al termine dell’intervento, è stata messa in luce un’area di scavo ben più estesa e articolata di quella conosciuta finora. A oggi infatti la superficie dell’antica struttura della Villa consta di più di 700 mq, con una chiara distinzione di quella che doveva essere la pars urbana, incentrata intorno a 4 ambienti con pavimentazioni a mosaico databili tra II e III sec. d.C., caratterizzati da motivi geometrici in bianco e nero. In uno di questi ambienti sono state rinvenute tracce di affresco.
I vari ambienti
La Villa era divisa in diversi settori: la pars dominica, la zona residenziale destinata al dominus e alla sua famiglia; la pars massaricia, a sua volta suddivisa in pars rustica, destinata alla servitù e ai lavoratori dell’azienda e in pars fructuaria, destinata alle lavorazioni e allo stoccaggio dei prodotti. A est degli ambienti a destinazione abitativa si sviluppava la pars fructuaria per la produzione di vino e olio, testimoniata dalla presenza di un grosso torcular (torchio vinario), incassato nel pavimento in opus spicatum, al quale in epoca tarda venne sovrapposto un rozzo pavimento in cocciopesto.
I muri, conservati solo parzialmente, presentano differenti tecniche costruttive in opus mixtum e in opera laterizia.
Dalla parte opposta e lungo il fronte meridionale sono stati rinvenuti numerosi ambienti di modeste dimensioni, forse magazzini, che si sviluppano attorno a una grande vasca intonacata di 8 metri per 8 e profonda almeno 1 metro e 20. Si tratta probabilmente di una cisterna, che costituiva la riserva idrica per il fabbisogno interno del complesso, da relazionare anche a un reticolo di infrastrutture idrauliche messe in luce in alcuni mirati approfondimenti di scavo.
Tante vite in una
Il complesso mostra diverse fasi di vita che lo trasformarono profondamente, ampliandolo e cambiandone la natura. L’impianto dell’edificio venuto alla luce risale al II sec. d.C., ma dovette restare in vita a lungo, almeno fino al IV-V sec. d.C. La presenza di blocchi di tufo riutilizzati, fa supporre l’esistenza di una fase ancora più antica, probabilmente di epoca repubblicana, durante la quale era già presente una delle numerose fattorie che dopo la fondazione di Ostia vennero a occupare le fertili aree collinari del territorio. In un secondo tempo la fattoria dovette ampliarsi fino a diventare una villa rustica, di dimensioni maggiori e ben strutturata.
Azienda agricola d’antan
La villa rustica era un’entità produttiva centrale nell’economia agricola dell’antica Roma. In origine questo tipo di villa era sostanzialmente una piccola azienda agraria a conduzione familiare, che provvedeva al sostentamento dei suoi abitanti. Con l’accrescersi della potenza di Roma, che a ogni conquista trasferiva in Italia centinaia di migliaia di schiavi da sfruttare nei più svariati lavori, le villae si fecero sempre più grandi e sontuose (200-250 ettari era la misura media) e la loro produzione, oltre a sfamare il padrone e il suo nucleo familiare, venne destinata alla vendita sui mercati, anche lontani.
Come la più celebre “Settefinestre”
La villa come azienda agricola fu presente soprattutto in Italia centrale, dalla Campania all’Etruria (celebre la Villa Settefinestre ad Ansedonia), ed è stata considerata da alcuni studiosi come la forma produttiva più originale, efficiente e razionale che l’economia romana abbia prodotto, la più vicina al modo di produzione propriamente capitalistico, che sarebbe apparso a partire dal XVIII secolo.
Offerta differenziata
Le produzioni erano diversificate: piantagioni (soprattutto ulivo e vite), coltivazioni intensive, orti, pascoli, impianti di trasformazione, depositi, mezzi di trasporto. Si trattava di una vera e propria fabbrica rurale organizzata.
Il lavoro era affidato a una massa di schiavi organizzati con disciplina militare, inquadrati da sorveglianti, schiavi anch’essi, sotto la direzione di un vicario del padrone, il villicus.