Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 156 – novembre/dicembre 2012

di Piero Pruneti

È una scoperta davvero particolare quella avvenuta a Sovana nella chiesa di San Mamiliano. Per tutto quello che essa concede al nostro immaginario, all’archeologia “secondo Indiana Jones” – che tanto ha contribuito a rendere popolare la materia – fatta di ritrovamenti favolosi e al tempo stesso importanti sotto il profilo scientifico. Chi non ha mai sognato di trovare un tesoro?

Questa volta il tesoro eccolo davvero e – ciò che fa la differenza con altri rinvenimenti simili – non è stato ritrovato per caso, ma nell’ambito di uno scavo archeologico, passando direttamente dalle mani di chi ha effettuato l’indagine stratigrafica a quelle degli studiosi.

Cinquecento monete d’oro eccezionalmente conservate, emesse per tutto l’arco del V secolo nelle zecche dell’Impero romano d’Occidente e d’Oriente… Roba da far morire di rabbia tombaroli, possessori di metal detector, trafficanti e cleptomani di mezzo mondo.

Ora quel tesoro è esposto al pubblico insieme alla documentazione dello scavo che ne ha consentito il recupero, nello stesso luogo dov’è stato trovato, giustamente trasformato in museo. Ne possiamo andare tutti orgogliosi…

Riguardo ai contenuti degli altri articoli, davvero di grande spessore anche per le firme prestigiose degli autori, voglio soffermarmi un attimo sulla “scoperta archeoastronomica” del Campanaro, in Sicilia. Si tratta di un megalite preistorico per la misura del tempo o di una roccia forata in casuale allineamento con l’alba del solstizio d’inverno?

E, ancora una volta, l’Archeoastronomia è una disciplina scientifica o un diverso modo di vedere le cose fatto di coincidenze e forzature?

L’articolo che pubblichiamo – espressione, da un lato, dell’entusiasmo degli scopritori accompagnati dalla mente calcolatrice di un astrofisico e, dall’altro, del parere negativo di due archeologi che ben conoscono il loro mestiere e il sito di cui si parla – vuole contribuire a un dibattito ordinato su una tematica affascinante, anche perché tempestata di dubbi.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”