Archeologia Viva n. 155 – settembre/ottobre 2012
pp. 58-69
di Andrea Carandini
A oltre un secolo dall’uscita della celebre Forma Urbis di Rodolfo Lanciani il gruppo di lavoro guidato da Andrea Carandini ritenta l’impresa di realizzare uno strumento di lettura d’insieme del passato della città
Si chiama “Atlante di Roma antica” aggiornabile di continuo nella versione virtuale e periodicamente in quella cartacea con gli apporti della ricerca archeologica
Sotto una volta delle terme di Caracalla, A.L.R. Ducros e G. Volpato, due famosi vedutisti del Settecento, hanno raffigurato in un’incisione al tratto (delineato) colorata all’acquarello donne che raccolgono erbe e i loro uomini che battono con dei bastoni. Di fronte si erge una serpe (latet anguis in herba).
Le rovine stanno lì, naturalmente come rocce, e all’ombra della fabbrica romana si svolge la vita. Scarsa è l’attenzione per l’antico: è il grado zero dell’archeologia.
Ma i morti sono sotto e si vendicano, irritati per tanta distrazione, inviando il loro Genius, la loro energia vitale, che freme ancora nel rettile. Al passato mai si sfugge del tutto e già compare una lastra di marmo: un’iscrizione?
L‘Atlante di Roma antica, ora uscito per i tipi di Electa, è il rovescio di questa immagine lontana, che ancora ammalia. Seguono rovine, ora divorate dalla vegetazione, con capre e figurine umane che danno la misura alle cose.
Rovine, ora isolate e ora incastonate nella città brulicante, contornate da palazzetti, casupole e baracche di varia età. Rovine popolate da paesani e visitatori stupefatti che le esplorano tra carri e scale.
A volte i ruderi spiccano e a volte giacciono ancora sprofondati nella terra, riusati come rifugi, depositi… Spuntano botti nei colombari, vino fra le ceneri. A volte ecco un reticolato, un laterizio, un selciato, un ipocausto, fino a oggetti singoli alla rinfusa: anfore, capitelli, rilievi, iscrizioni.
Nessuna gerarchia fra gli oggetti e tanta antiquaria… Gli archeologi sono ancora lontani. È il mondo di Piranesi. Rovine al naturale, come belle addormentate nel bosco.
Il tempo ha mescolato a caso antico e moderno, colonne si alternano ad alberi e il monumento si affianca alla stamberga, e così i pastori ai dilettanti del passato. Anche la morte è in vita, anche la rovina è rigogliosa di uomini e verzure. Nessuna separazione o specializzazione: solo un’arte che scopre, usando particolari e fantasia, senza preoccupazioni estetiche, salvo l’abilità dell’incisore nel ritrarre crolli non ancora isolati. […]