S’Arcu ‘e is Forros Le grandi scoperte

sardegna. scoperte a S’Arcu ‘e is Forros

Archeologia Viva n. 155 – settembre/ottobre 2012
pp. 46-57

di Maria Ausilia Fadda con scheda di Giovanni Garbini

L’antico villaggio alle falde del Gennargentu ha restituito una quantità incredibile di oggetti di bronzo e di ferro

che lo attestano come il centro metallurgico più importante della Sardegna nuragica in stretto rapporto di scambi con l’Etruria e il Levante tanto da riservarci la straordinaria scoperta di un’iscrizione in caratteri filistei e fenici graffita su un’anfora arrivata in uno dei luoghi più appartati dell’isola insieme ad altri prodotti dell’Oriente mediterraneo…

Alle falde del Gennargentu, nel villaggio santuario di S’Arcu ‘e is Forros (comune di Villanova Strisàili – Nu), risorge il più grande centro metallurgico della Sardegna nuragica gestito da principi sacerdoti che coniugavano autorità religiosa, tecnologia e potere economico.

Il sito era già noto per le indagini iniziate da chi scrive nel 1986 (vedi: AV n. 57). La campagna di scavo del 2010 si era conclusa con l’esplorazione di un nuovo tempio a megaron, che aveva all’interno un singolare altare, e di un ambiente con forno per la lavorazione dei metalli compreso in un isolato abitativo (insula 1) composto da quindici vani che si affacciano su un grande cortile circolare con un focolare al centro (vedi: AV n. 145).

Nella parte più scoscesa di questo agglomerato si accedeva a un vano (15 nella planimetria) di forma quadrangolare, un’officina, con l’ingresso ricavato da un varco aperto nel grande muro che delimitava esternamente tutti gli ambienti dell’isolato.

Sul lato destro dell’officina (vano 15) si conserva un piano sopraelevato in muratura, che occupa tutta la lunghezza del muro perimetrale sul lato sud-est, sopra al quale sono i resti di quattro forni a fossetta a basso fuoco che fino al IX-VIII sec. a.C. (età del Ferro) furono usati per la fusione del piombo e per il recupero del metallo delle offerte votive (in genere bronzetti figurati che, fissati con piccole colate di piombo su apposite basi, venivano esposti nel recinto sacro del vicino santuario).

Il sistema di fusione era elementare: si scavava una buca di circa mezzo metro di diametro, che veniva rivestita di argilla fresca e al cui interno erano posti a strati il combustibile e il minerale, contenuti da una ghiera di pietre.

Al minerale e al combustibile si aggiungeva, come scorificante e addensante, della roccia calcarea, che cuocendo si trasforma in calce viva con il potere di rimuovere le impurità dei minerali impiegati. […]