Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 155 – settembre/ottobre 2012

di Piero Pruneti

Questa volta tocca ai Levantini essere protagonisti di una scoperta – presentata da AV in esclusiva assoluta – che da sola ci dice quanto i tesori archeologici non si misurino con stime di mercato, ma dal contenuto storico che conservano i reperti, talvolta umilissimi come sono in questo caso dei semplici “cocci”. Nella Barbagia più interna, lo scavo del sito di S’Arcu ‘e is Forros ultimamente ha restituito una quantità enorme di oggetti in bronzo, ospitando nell’antichità un importante santuario nuragico con tutte le attività connesse per la produzione di offerte votive. E questo costituisce già quello che si dice una “grande scoperta”. Ma il risultato più sensazionale di tutto lo scavo è il rinvenimento di alcuni frammenti di anfora cananea, ritrovati, come si dice, in strato e quindi sicuramente databili, che ricomposti ci hanno restituito un’iscrizione in caratteri filistei e fenici, cioè di scritture in uso agli antichi popoli del Levante mediterraneo, in questo caso giunti con i loro commerci nel cuore profondo di questa lontana isola dell’Occidente, in un luogo a diversi giorni di cammino dagli approdi che erano soliti frequentare.

La scoperta è “destabilizzante” – come in passato sono stati molti ritrovamenti frutto dell’intensa attività di ricerca dell’archeologa barbaricina Maria Ausilia Fadda – per l’immaginario collettivo che vede i Nuragici protagonisti di una civiltà, la “civiltà dei nuraghi”, spettacolare nelle sue espressioni monumentali, ma ben chiusa in se stessa e autoreferenziale, arroccata e ostile verso lo straniero, difesa da inavvicinabili guerrieri e capi-tribù vestiti di pelli. Soprattutto lascia sbalorditi l’epigrafe in scrittura filistea, una scrittura fino ad oggi nota solo da pochissimi documenti provenienti quasi tutti dalla Palestina e purtroppo indecifrata, al pari della cosiddetta Lineare A dei Cretesi a cui i Filistei si ispirarono. Abbiamo ora un’immagine nuova e più attendibile della Sardegna antica.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”