Campi Flegrei: scultura di un paesaggio Obiettivo su...

Archeologia Viva n. 212 – marzo/aprile 2022
pp. 70-71

di Fabio Pagano

Forza e limite di una terra sempre in movimento: la storia “unica” del paesaggio flegreo dai “disegni” dell’attività vulcanica ai primi coloni arrivati dall’Eubea fino al perduto innamoramento di Goethe…

«Una gita in mare fino a Pozzuoli, brevi e felici passeggiate in carrozza o a piedi attraverso il più prodigioso paese del mondo. Sotto il cielo più limpido il suolo più infido; macerie di inconcepibile opulenza, smozzicate, sinistre; acque ribollenti, crepacci esalanti zolfo, montagne di scorie ribelli a ogni vegetazione, spazi brulli e desolati, e poi d’improvviso, una verzura eternamente rigogliosa, che alligna dovunque può e s’innalza su tutta questa morte, cingendo stagni e rivi, affermandosi con superbi gruppi di querce perfino sui fianchi di un antico cratere».

Se ci facciamo accompagnare dal grande Goethe (1749-1832) alla scoperta del paesaggio flegreo, nonostante le lacerazioni alla bellezza inferte dalla modernità, ci ritroveremo in molti dei quadri descritti e probabilmente proveremo empatiche sintonie con le sensazioni espresse dall’illustre viaggiatore. 

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