Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 212 – marzo/aprile 2022

di Piero Pruneti

La neonata collaborazione di Archeologia Viva con l’Università portoghese di Évora ha prodotto un primo interessante articolo sulla Lusitania. È questo il nome antico di una regione che sotto il dominio romano assunse confini amministrativi precisi desumendo la denominazione dalle genti autoctone – contorni quasi mitici e idioma rimasto indecifrato – duramente silenziate dai conquistatori, come sempre accadeva e ancora accade ai vinti. Dobbiamo immaginarci questo “finis terrae” all’estremità sudoccidentale del Continente davanti a un oceano che metteva paura ai nocchieri più esperti, con tramonti che suggeriscono spazi infiniti e il nulla.

In età contemporanea la ricerca archeologica non è arrivata per prima a parlarci del passato di queste terre rese produttive dai grandi fiumi che le attraversano, il Tago, la Guadiana…, un tempo anche vie navigabili e di penetrazione. Negli ultimi decenni gli archeologi portoghesi e spagnoli hanno comunque recuperato la disattenzione di cui è stata oggetto la Lusitania e l’articolo che pubblichiamo rende l’idea della ricchezza di memoria e di testimonianze materiali con cui questa regione storica contribuisce alla cultura e alla coscienza di noi europei.

Spostandoci qualche migliaio di chilometri verso est arriviamo sui verdi altopiani armeni, terra questa di abbondanti stratificazioni, culturalmente fertilizzata dalle vie del Caucaso e dai rapporti con i vicini grandi imperi. Qui abbiamo una preistoria precoce da cui emersero il grande stato di Urartu e poi lo stesso regno d’Armenia, con una sua scrittura, una chiesa autocefala e un’architettura che ne segna la presenza in un territorio vastissimo, per quanto oggi i confini siano poca cosa. Fervono le ricerche supportate da importanti missioni internazionali. Non manca l’Italia e ringraziamo il nostro Roberto Dan insieme ai suoi colleghi armeni per l’articolo che vi proponiamo.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”