8 aprile 2022
I resti umani del più antico Homo sapiens “europeo”, rinvenuti nella grotta di Bacho Kiro, attuale Bulgaria, oltre 45.000 anni fa, appartenevano a individui geneticamente più simili alle moderne popolazioni dell’Asia orientale che agli europei moderni.
Un nuovo studio ha contestualizzato questi individui nell’ambito degli altri genomi eurasiatici del Paleolitico e analizzato congiuntamente genetica ed evidenze archeologiche. Il risultato inaspettato potrebbe spiegare la presenza di individui con tali caratteristiche genetiche nell’Europa di 45.000 anni fa. La ricerca è stata condotta da Leonardo Vallini e Luca Pagani del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, in collaborazione con la Giulia Marciani e Stefano Benazzi dell’Università di Bologna
Espansione ed estinzione
Nello scenario proposto dagli autori, la colonizzazione dell’Eurasia è stata caratterizzata da ripetuti eventi di espansione ed estinzione locali a partire da un “hub” di popolazione, dove gli antenati di tutti gli eurasiatici hanno abitato dopo essersi avventurati fuori dall’Africa circa 70-60.000 anni fa.
La deadline? 45.000 anni fa
Una prima espansione di Homo sapiens, che non ha lasciato discendenti, avrebbe avuto luogo prima di 45.000 anni fa e non è ancora chiaro quanto sia stata ampia dal momento che finora è stato identificato geneticamente un solo rappresentante di questa migrazione – scoperto nella grotta di Zlatý kůň (nell’attuale Repubblica Ceca) – e non assimilabile né alle popolazioni europee né a quelle asiatiche. «Successivamente intorno a 45.000 anni fa – spiega Leonardo Vallini, primo autore dello studio – una nuova espansione associata a una modalità di produzione di strumenti in pietra nota come Paleolitico superiore Iniziale si propagò da questo primo centro e colonizzò una vasta area che andava dall’Europa all’Asia orientale e all’Oceania».
Una discendenza due destini
Un destino differente è toccato ai discendenti di questi antichi coloni in Asia ed Europa: mentre i primi hanno prosperato e ancora oggi abitano quelle regioni, i secondi si sono gradualmente estinti in gran parte d’Europa, lasciandosi alle spalle solo poche tracce in siti come Bacho Kiro, in Bulgaria, Oase in Romania e pochi altri.
“Appuntamento” in Siberia
Riassume Luca Pagani: «Infine, un’ultima espansione avvenne prima di 38.000 anni fa e ricolonizzò l’Europa partendo dallo stesso fulcro di popolazione e la cui localizzazione è ancora da chiarire. Sebbene anche in Europa ci siano state interazioni occasionali con alcuni superstiti dell’ondata precedente, una mescolanza estesa e generalizzata tra le due ondate ha avuto luogo solo in Siberia, dove ha dato origine a una popolazione nota come Ancestral North Eurasian, che in seguito contribuirà al genoma dei nativi americani». Questa espansione è associata a un diverso tipo di cultura materiale denominato Paleolitico superiore che caratterizza i principali siti paleolitici europei.
Scenario globale
«È degno di nota il fatto che, da un punto di vista culturale, questi nuovi strumenti di pietra – sottolinea Telmo Pievani dell’Università di Padova e coautore dello studio – sono spesso stati interpretati come il risultato di uno sviluppo indipendente piuttosto che uno sviluppo locale di tecnologie preesistenti in Europa: è incoraggiante vedere che le conclusioni genetiche e culturali possono essere conciliate in uno scenario globale».
Manufatti in pietra risalenti al Paleolitico superiore iniziale rinvenuti nella grotta di Bacho Kiro (© Tsenka Tsanova, License)