Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 154 – luglio/agosto 2012

di Piero Pruneti

Poche opere sono note come la Lupa Capitolina. Troppo bella e popolare è la storia che essa riassume, legata alle origini dell’impero più potente del mondo antico, ma anche a quel sentimento primario che ci fa sentire grati nei suoi confronti per avere allevato i due “cuccioli”.

L’istinto materno, custode della vita, che vince su tutto: quale messaggio più significativo e universale può esistere? Da qui la fortuna del soggetto.

Parallelamente viene la fortuna della statua, fino a non molto tempo fa ritenuta un prodotto dell’arte etrusco-italica. Lo stile era quello. Poi la “bomba”: le caratteristiche della fusione ne facevano un’opera del Medioevo (i gemelli che poppano si sapeva che erano stati aggiunti nel Rinascimento).

Ma qualcosa non tornava: come se la prova del DNA inchiodasse una persona che però è in grado di provare che al momento del delitto era da un’altra parte.

Ecco quindi la grande intuizione di uno dei massimi esperti di bronzi antichi, Edilberto Formigli – uno studioso con l’etruschità nel sangue (abita nel Senese a Murlo) e le capacità del metallurgo nelle mani –, che andando a esaminare la statua centimetro per centimetro scopre i segni del calco in cui fu realizzata.

Dunque un’opera fusa nel Medioevo su modello antico, non certo un “falso” come ha titolato in Germania il “Der Spiegel”, così pronto allo scandalismo nella tradizione dei media di grossa tiratura. Come non possiamo considerare dei falsi le copie romane che ci sono pervenute di tanti originali greci…

Altre “curiosità” arricchiscono il quadro. Ad esempio quella coda che certamente non era così nell’opera originaria e che è stata rimodellata ex novo dall’artigiano medievale, per il semplice motivo che la sua posizione andava semplificata al fine di rendere possibile la fusione della Lupa in un unico getto, essendosi persa la capacità di saldare fra loro parti realizzate in forme diverse… La Lupa Capitolina è anche un’affascinante storia tecnologica.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”