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I Borghese e l’antico

Archeologia Viva n. 152 – marzo/aprile 2012
pp. 74-77

a cura di Archeologia Viva

È tornata a Roma in “visita di cortesia” parte della straordinaria collezione di capolavori di arte antica che Napoleone si fece vendere da Camillo Borghese

per consolidare la propria immagine pubblica di prosecutore illuminato della romanità

Il patrimonio archeologico dei “marmi Borghese”, oggi gloria classica del Louvre, costituisce una delle più sensazionali vendite di arte antica mai avvenute nella pur tragica storia dei beni culturali della Penisola.

Nel 1807 il principe Camillo Borghese, marito di Paolina Bonaparte, accettò di vendere 695 pezzi tra statue, vasi e rilievi alla Francia per volontà del cognato Napoleone, che perseguiva il proposito autocelebrativo di dotare la capitale del suo impero del museo pubblico più importante delle arti universali: il Museo del Louvre, già Musée Central des Arts, che tra il 1803 e il 1815 prende il nome di Musée Napoléon.

Incaricato dallo stesso Napoleone di stimare la collezione in vista dell’acquisto, Ennio Quirino Visconti, antiquario di fama, fu il responsabile dell’acquisizione più importante della storia delle raccolte d’arte antica del Louvre.

L’idea che animò il progetto fu bene espressa da Vivant Denon, direttore dei Musei imperiali, che sapeva come blandire l’orgoglio dell’imperatore: «Il secolo di Napoleone deve essere il secolo delle belle arti come è quello degli eroi».

La scelta privilegiata dell’arte antica doveva dunque contribuire al prestigio dell’imperatore che si dichiarava erede della romanità. Era intenzione di Visconti e Denon scartare le opere “moderne” nella convinzione che solo l’arte antica potesse arricchire la scienza e formare il “vero gusto”.

L’ambizione di Napoleone, di acquisire la collezione Borghese, celebre in tutta l’Europa, rispondeva anche alle aspettative scientifiche dello stesso antiquario Visconti, di favorire il “progresso della scienza” attraverso lo studio delle opere acquisite, di contribuire alla formazione degli artisti attraverso lo studio dei modelli antichi, e infine soddisfaceva il gusto del pubblico, contribuendo dunque ad affermare l’identità dei francesi e del loro imperatore quali eredi della classicità. […]