Ritorno a Tell al-Mashhad Dentro lo scavo

Giordania. Ritorno a Tell al-Mashhad

Archeologia Viva n. 152 – marzo/aprile 2012
pp. 70-73

di Francesco M. Benedettucci

Lo scavo di un edificio dell’età del Ferro una ricognizione topografica della regione e un progetto sperimentale che ha coinvolto ragazzi disabili

Ecco i risultati della V missione archeologica italiana

Collocato ai piedi del monte Nebo, in una posizione mozzafiato dalla quale è possibile dominare il Wadi ‘Ayun Musa (le cui fonti, secondo la tradizione locale, sarebbero state fatte sgorgare da Mosè percuotendo tre volte la roccia con la verga), Tell al-Mashhad, chiamato anche Khirbet ‘Ayun Musa, è uno dei più importanti siti dell’età del Ferro in Giordania.

La presenza umana nella zona inizia già nel Paleolitico, come attestano dei manufatti rinvenuti a poche decine di metri dall’insediamento.

Il periodo di occupazione principale di Tell al-Mashhad si ha comunque tra fine VIII e inizi VI sec. a.C., quando l’area di Madaba, principale centro della regione, si trovava contesa tra i due regni tribali di Moab e Ammon, vassalli dell’impero assiro. Le ultime fasi di frequentazione attestate sono invece i periodi bizantino e mamelucco (XII-XIII secolo).

Il sito, già individuato nel 1932 dal padre dell’archeologia nella Transgiordania, l’americano Nelson Glueck, e oggetto di una serie di ricognizioni a partire dagli scorsi anni Cinquanta, è stato investigato scientificamente solo dal 1999, quando le attività di scavo furono avviate da un team della Fondazione “Ing. C.M. Lerici” (Politecnico di Milano), con il supporto logistico del Franciscan Archaeological Institute (allora diretto dal compianto padre Michele Piccirillo) e guidate dallo scrivente. Tuttavia, dopo la terza campagna, svoltasi nel 2003, la mancanza di finanziamenti aveva costretto la missione italiana a interrompere i lavori.

Nel 2010, un generoso contributo privato e il supporto tecnico e logistico dell’Associazione Olim di Roma, nonché del Dipartimento delle Antichità giordano, hanno consentito agli archeologi italiani di riprendere le attività, concentrandosi sul grande edificio quadrangolare che domina l’insediamento.

Purtroppo, proprio nei giorni precedenti l’inizio dello scavo, alcuni tombaroli hanno aperto una grande fossa, profonda circa sei metri, proprio al centro dell’edificio.

Il lavoro si è allora concentrato sulla messa in sicurezza dello stesso settore interessato dall’attività clandestina, ma, soprattutto, si è spostato sulle mura perimetrali della struttura, che sono state rimesse in luce su tre lati. […]