Archeologia Viva n. 213 – maggio/giugno 2022
pp. 40-53
di Marcella Frangipane
Una piccola collina nella campagna di Malatya – Turchia orientale – formatasi per la sovrapposizione plurimillenaria di insediamenti umani e dove da sessant’anni lavora una missione archeologica della Sapienza è ora entrata a far parte del Patrimonio mondiale dell’Unesco perché quel rilievo di terra ha conservato la memoria di una lunga vicenda storica e della nascita dello Stato
Il sito di Arslantepe, una collina di terra e storia (un tell, come si dice in gergo archeologico), immersa nel verde della piana di Malatya, nella Turchia orientale a pochi chilometri dalla riva occidentale dell’Eufrate, di recente (luglio 2021) è stato riconosciuto dall’Unesco come Patrimonio mondiale dell’Umanità. La terra di cui è fatta la collina è il materiale (mattoni crudi) con cui sono stati costruiti edifici e interi abitati, distrutti e ricostruiti uno sull’altro nel corso dei millenni.
La storia è la “materia immateriale” di cui è fatta la collina, ossia la vita, gli eventi, i cambiamenti vissuti dalle popolazioni che quel luogo hanno abitato per così tanto tempo e che hanno lasciato traccia di sé nelle rovine degli edifici distrutti. Ad Arslantepe ha lavorato per sessant’anni un’équipe dell’Università di Roma La Sapienza, con un progetto di scavi e ricerche a lungo termine che ha consentito di ricostruire, anno dopo anno, i “frammenti” di un passato intrappolato in quelle rovine di terra, rivelando vicende e processi storici di un lunghissimo arco temporale, dal V millennio a.C. fino all’età Neo-Ittita (I millennio a.C.).