News

Età del Bronzo: novità dalle ossa (bruciate)

19 maggio 2022


Nel sito funerario di Salorno (Bz), alcune ricerche della Statale di Milano, in collaborazione con l’Ufficio Beni Archeologici di Bolzano, rivelano un luogo di cremazione dell’età del Bronzo (1150-950 ca a.C.) unico nel suo genere per quantità di resti bruciati e che potrebbe anche rivelare una nuova modalità funeraria, non comune in quest’epoca. 
Gli scavi, effettuati negli anni Ottanta del secolo scorso, hanno portato alla luce una delle più rare e significative documentazioni di resti umani cremati conservati in un’antica piattaforma di cremazione (ustrinum), che hanno potuto essere analizzati solamente di recente dal team di ricerca.

60 chili di resti

Il sito si trova sulla sponda sinistra dell’Adige all’altezza della Chiusa di Salorno e ha restituito una quantità senza precedenti di resti umani cremati (circa 63 kg), insieme a frammenti di ossa animali bruciate, cocci di ceramica e altri corredi funerari in oro, bronzo, osso, palco di cervo e pasta di vetro.

Documentazione dettagliata

Nonostante l’elevato grado di frammentazione dei resti cremati e la mancanza di informazioni relative ai singoli individui, l’analisi bio-archeologica ha potuto beneficiare di una dettagliata documentazione spaziale e stratigrafica nel tentativo di proporre alcune interpretazioni del rituale e della pratica della raccolta e deposizione delle ossa cremate in una prospettiva geografica e storica più ampia.

Ipotesi a confronto

L’assenza del ritrovamento di una necropoli contemporanea associata all’ustrinum non consente di escludere che Salorno sia quanto rimane di una pira funeraria utilizzata per molti corpi nel corso dei circa duecento anni stabiliti dalla tipologia dei corredi e della ceramica. Al tempo stesso, non si può escludere l’ipotesi che Salorno sia al contrario un luogo sia di cremazione che di sepoltura dei corpi. Il sito funerario potrebbe essere stato utilizzato da una piccola comunità per otto generazioni, forse un’élite locale o un gruppo sociale più ampio composto da poche famiglie facenti parte di uno o più villaggi.

Un sito che aiuta a comprendere

Spiega Umberto Tecchiati, docente di Preistoria ed Ecologia preistorica della Statale di Milano: «Solitamente la combustione del defunto e la raccolta dei resti avvenivano in un luogo differente da quello di sepoltura; a Salorno, invece, il luogo di combustione combacia con quello di seppellimento, il che indicherebbe una deviazione dalla norma funeraria».

Un unicum nel suo genere

La maggior parte della documentazione archeologica funeraria di questo periodo, infatti, attiene a urne cinerarie o resti umani cremati che, in quanto elementi selezionati per la sepoltura, impediscono la comprensione da parte degli scienziati di altri aspetti del rituale funerario (preparazione, contesto, eventuali libagioni da parte dei vivi) che il sito di Salorno può finalmente provare a far immaginare.

Era un luogo simbolo (?)

Conclude Tecchiati: «Ciò che è stato individuato a Salorno potrebbe essere il prodotto di una complessa serie di rituali in cui i resti cremati del defunto non ricevevano una sepoltura individuale, ma venivano lasciati in situ, in un luogo collettivo di combustione primaria, definendo un’area di cerimonie funebri ripetute con offerte e libagioni attraverso alcune generazioni».
Si tratterebbe, dunque, di una nuova categoria tipologica e funzionale di un sito funerario che si aggiunge alla variabilità delle usanze mortuarie della fine dell’età del Bronzo nell’Italia settentrionale, in un momento in cui le tendenze sociali “globalizzanti” potrebbero aver spinto verso la definizione di specifiche identità culturali geograficamente circoscritte.


Foto: Ufficio Beni Archeologici di Milano