A Oriente: città uomini e dei sulle vie della seta Popoli e civiltà

A Oriente: città uomini e dei sulle vie della seta

Archeologia Viva n. 152 – marzo/aprile 2012
pp. 26-35

a cura di Pierfrancesco Callieri

La bella mostra che si conclude a Roma presso le Terme di Diocleziano ricostruisce millenari rapporti di civiltà fra i due estremi dell’Eurasia

dove la seta e le molte “vie” percorse dalle carovane sono simbolo di un intreccio di scambi ben più complesso e “globale”

“A Oriente” esprime il senso di un orientamento, di un orizzonte in movimento, di un viaggio reale e favoloso, che attraversa città, incontra uomini, rianima tracce impresse e trascorse, rivela destini passati di popoli e civiltà, disvela ovunque la presenza fugace del Dio celato nel nome di dèi diversi.

E ciò come se fosse tessuto da infiniti fili, i più svariati e colorati, tutti però tesi e sorretti dalla stessa essenza: la seta. “Vie” dunque della seta o forse, meglio, fili di seta che si dipanano per disperdersi e poi ritrovarsi in una gioiosa comunione. La lucente morbida seta è da sempre il tessuto più ambìto.

Nel II sec. a.C., quando i mercanti cominciarono a trasportarla verso occidente, in Cina, l’altro estremo dell’Eurasia, la si produceva alacremente da oltre mille anni, tanto da aver impiego fin nella vita quotidiana.

Per esaudire l’incantevole richiesta e raggiungere l’Occidente, la seta percorreva migliaia di chilometri, valicando impervie catene montuose, superando deserti senza fine e generosi solo di insidie.

Vie di terra allora, praticate per oltre quattordici secoli, mescolando come non mai genti diverse, idiomi, credi religiosi, idee, tecniche e beni voluttuari.

Un’esperienza soprattutto umana, che oggi rivela d’impeto come l’odierna e tanto persistente frenesia della globalità sia dopo tutto solo il riflesso superficiale, consunto e sbiadito di storie profonde del passato, di continui, reciproci e fruttuosi scambi culturali, durevoli relazioni politiche, sociali ed economiche.

E tutto ciò agevolato inaspettatamente dalla lunghezza e asprezza dei viaggi e dal lento e placido trascorrere del tempo. […]