Battaglia delle Egadi: ora parla l’archeologia Archeologia subacquea

Battaglia delle Egadi: ora parla l’archeologia

Archeologia Viva n. 151 – gennaio/febbraio 2012
pp. 66-71

di Stefano Zangara

Ecco gli ultimi sensazionali risultati delle indagini subacquee che da alcuni anni si susseguono nel mare dell’arcipelago

Indagini che hanno permesso d’identificare il punto in cui avvenne la celebre battaglia decisiva per la prima guerra punica

D al 2005, con annuali campagne d’indagine, è in atto il progetto “Archeorete Egadi”, legato all’idea d’individuare i bracci di mare che il 10 marzo del 241 a.C. videro lo storico scontro navale fra Romani e Cartaginesi.

Il progetto, condotto dalla Soprintendenza del Mare in partenariato con la fondazione RPM Nautical Foundation diretta da George Robb jr. e con la collaborazione dell’archeologo Jeffry G. Royal, sta attuando un programma d’indagine in acque profonde intorno all’isola di Levanzo, con uso di sonar Multibeam (Simrad Kongsberg EM Dual Head 3002D) per una superficie totale di scansione pari a 210 chilometri quadrati.

Il tutto è nato dalla volontà di Sebastiano Tusa (all’epoca soprintendente del Mare, oggi consulente scientifico del progetto stesso) che, stimolato dalle informazioni raccolte nei luoghi e confortato dai numerosi racconti dei pionieri della subacquea siciliana (primo tra tutti Cecè Paladino, ma anche Enzo Sole, i fratelli Beppe e Giovanni Michelini, Ubaldo Cipolla, Sergio Rocca e tanti altri), ha sempre sostenuto la tesi che il luogo dello scontro fosse proprio nello specchio di mare qualche miglio a nord-ovest di Levanzo (l’antica Phorbantia).

Le indagini strumentali hanno consentito di acquisire una migliore conoscenza della topografia sommersa dell’area interessata. Si è potuto accertare che la maggior parte dei fondali indagati è pianeggiante e sabbiosa.

Solo le frange laterali sono costellate di affioramenti rocciosi intervallati ad ampi banchi di sabbia, per cui la zona è stata intensamente “disturbata” dalle reti da pesca che non hanno trovato ostacoli, a eccezione della sua più prossima periferia, dove i materiali archeologici (singoli reperti o porzioni di relitti) sono stati oggetto, quando non fortuitamente recuperati, di trascinamento dalle reti che li hanno catturati temporaneamente e persi durante la pescata, dislocandoli in maniera casuale a ridosso delle zone periferiche, interessate da affioramenti rocciosi. Qui sono state indirizzate le nostre esplorazioni. […]