Amabili resti… a Palermo nelle Catacombe dei Cappuccini Storie... dell'altro mondo

A Palermo nelle Catacombe dei Cappuccini

Archeologia Viva n. 151 – gennaio/febbraio 2012
pp. 22-33

di Dario Piombino-Mascali, Alessia Franco e Albert Zink

Un patrimonio unico al mondo di memorie storiche e dati scientifici si conserva – ma ancora per quanto? – nel sottosuolo del capoluogo siciliano

dove da oltre quattro secoli il contatto ravvicinato dei viventi con i defunti e l’Aldilà si esprime in una incredibile collezione di corpi mummificati…

Immortalate nelle pagine di scrittori come Ippolito Pindemonte, Alexandre Dumas e Guy de Maupassant, le Catacombe dei Cappuccini di Palermo rappresentano una testimonianza unica.

Non soltanto per il numero di mummie conservate nel corso di oltre quattrocento anni, ma anche perché il sito racchiude pagine importantissime sulle tecniche di imbalsamazione che si sono succedute attraverso i secoli e sulla vita e la morte di personaggi, più e meno illustri, che qui trovarono riposo.

Tra questi, il garibaldino Giovanni Corrao (m. 1863), il vescovo di rito greco Agostino Franco (m. 1877), il viceconsole statunitense Giovanni Paterniti (m. 1911), fino ad arrivare alla piccola Rosalia Lombardo (m. 1920), la Bella Addormentata, da molti studiosi ritenuta “la più bella mummia del mondo”.

Per queste e tante altre ragioni, chi a Palermo varca la soglia che divide la città dei vivi da quella dei morti si appresta a compiere un viaggio a ritroso nel tempo e nello spazio, certo, ma soprattutto in un mondo che, nonostante il degrado in cui è immerso, grida ancora per essere ascoltato.

Intorno al 1520 nasce l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini; scopo del fondatore, il frate Matteo da Bascio, è tornare ai principi di integrità morale dettati da San Francesco. A Palermo l’Ordo Fratrum Minorum Capuccinorum si stabilisce nel 1534 e in quello stesso anno il senato della città accorda ai religiosi il permesso di edificare il proprio convento accanto alla preesistente chiesa di Santa Maria della Pace.

A quel tempo, i Cappuccini defunti venivano deposti in un’ampia fossa adiacente alla chiesa, mai al suo interno: la presenza del Corpo di Cristo rendeva impossibile che nello stesso luogo venissero conservati anche resti umani, naturalmente soggetti alla putrefazione.

Alla fine del XVI secolo, tuttavia, una scoperta casuale determinò la svolta decisiva nel modo di concepire la morte e di relazionarsi con essa in quel luogo particolare, ancora oggi conosciuto in tutto il mondo come le Catacombe dei Cappuccini.

La necessità di svuotare la fossa comune per riutilizzarla portò alla riesumazione di quarantacinque religiosi, che risultavano perfettamente conservati, indenni dalle usure del tempo.

Un’incorruttibilità che venne subito interpretata come segno di intervento divino, per cui, nel 1599, quaranta di questi corpi furono trasferiti in una sepoltura scavata appositamente dietro l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria della Pace. Ma, presto, vi vennero conservate altre salme di frati che vivevano e morivano a Palermo, così che si rese necessaria la costruzione di un’altra stanza e di una cappella.

Una vera e propria dimensione sotterranea – collegata con quella che pulsava in superficie con la stessa intensità che in Sicilia lega vivi e morti – prendeva lentamente forma. La città dei defunti cresceva, a poca distanza da quella dei viventi. Nel 1732 le Catacombe raggiunsero pressoché le dimensioni attuali, anche se per il completamento dei lavori si dovette attendere fino al 1823. […]