Archeologia Viva n. 150 – novembre/dicembre 2011
pp. 48-55
di Alberto Pozzi
Lontane molte ore di mare dall’estremo lembo di costa scozzese queste isole settentrionali conservano affascinanti testimonianze preistoriche di genti che sfidarono le fredde acque fra l’Atlantico e il mare del Nord per spingersi a colonizzare le terre più inospitali d’Europa rimaste disabitate
È un mondo appartato, sconosciuto a gran parte degli europei. A 60° di latitudine nord fra l’Atlantico settentrionale e il mare del Nord, le Shetland si trovano a nordest delle Orcadi (distanti 80 km) e della Scozia, a ovest della Norvegia (340 km) e a sudest delle isole Fae Øer o Faroe (300 km) e della lontana Islanda. L’arcipelago, una delle trentadue regioni scozzesi, comprende un centinaio di isole (cinquecento se si contano piccole terre emerse e grandi scogli), di cui solo sedici abitate.
La maggiore, Mainland (562 kmq), ha forma allungata: novanta chilometri da nord a sud. La popolazione (poco più di ventimila abitanti) si dedica in prevalenza all’allevamento di ovini e bovini (ma è andata persa la cultura del formaggio). Sono famosi i cavallini Pony, la cui forma più piccola è originaria di queste isole. Quanto alla tradizionale attività di pesca, questa ha in gran parte ceduto il passo all’acquacoltura.
Infine, è iniziata l’estrazione di petrolio dal mare… Alle Shetland si arriva in aereo da Edimburgo, ma senz’altro più suggestivo è raggiungerle via mare con i traghetti di linea. Una volta sbarcati, il paesaggio è come nei millenni scorsi: praterie che si alternano a superfici cespugliose e incolte; un suolo torboso e poco produttivo.
Basse colline si elevano fra vallate lunghe e poco profonde, le voe, che arrivano al mare: fiordi scavati dal lento avanzare dei ghiacciai pleistocenici. Non mancano coste a strapiombo, sulle quali nidificano i simpatici Fraticula artica, i pulcinella di mare. […]