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La “miniera” di Grotta della Monaca

Archeologia Viva n. 149 – settembre/ottobre 2011
pp. 66-72

di Felice Larocca

Uno straordinario mondo sotterraneo sui monti della Calabria dove gruppi di uomini preistorici lavorarono alla luce di fumose torce di pino per l’estrazione di minerali coloranti

Il grande antro si apre a seicento metri di altitudine sulla sommità di un picco roccioso alle estreme propaggini meridionali dei monti dell’Orsomarso, in Calabria, a poca distanza dal Tirreno. Siamo in provincia di Cosenza, comune di Sant’Agata di Esaro.

Il maestoso ingresso domina la bella e selvaggia valle del fiume omonimo, principale subaffluente del Crati. Nel 1997 un gruppo di speleologi vi rinvenne alcune asce in pietra levigata, percorse sul corpo da una scanalatura. Tali manufatti, dispersi al suolo, giacevano vicini ad affioramenti di minerali di ferro e rame.

Quelle scoperte fortuite furono all’origine di un’avventura archeologica appassionante, che nel giro di pochi anni avrebbe portato al riconoscimento di una tra le più antiche miniere d’Europa.

Oggi Grotta della Monaca si raggiunge con un comodo sentiero, ma un tempo – quindi così anche in tempi preistorici – per guadagnarne l’imbocco era necessario arrampicarsi dal fiume su pareti quasi verticali.

L’ingresso, enorme, è visibile dal fondovalle, come un gigantesco occhio nero. Questo ampio squarcio nella roccia, che suscita naturalmente un senso di mistero e curiosità, dovette attrarre l’attenzione dei primi gruppi umani che frequentarono a più riprese la vallata percorsa dalle fresche acque dell’Esaro. […]