Ascoli Satriano: quei marmi magnifici Ritorni famosi

Ascoli Satriano: quei marmi magnifici

Archeologia Viva n. 148 – luglio/agosto 2011
pp. 46-55

di Giuliano Volpe

Furono scoperti da ricercatori clandestini nella tomba di un principe della Daunia e al pari di molti altri capolavori antichi del nostro Paese confluirono nelle vetrine di un museo straniero

Ora sono tornati a casa in Puglia e costituiscono il simbolo di un territorio che negli ultimi anni ha saputo individuare nei beni culturali una formidabile occasione di sviluppo

Presso il Museo Civico Diocesano di Ascoli Satriano, l’antica Ausculum, in provincia di Foggia, è stata allestita l’esposizione di uno straordinario gruppo di oggetti, provenienti da vecchi scavi clandestini, riapprodati, dopo lunghe e tortuose traversie, al luogo di origine.

Suggestivo il titolo della rassegna: “Policromie del sublime”. Il complesso di marmi è costituito da un sostegno per mensa (trapezophoros) con due grifi che azzannano un cervo, da un bacino rituale (podanipter), da una coppia di mensole e da otto contenitori di marmo (un cratere, con le tracce di una corona d’oro, due oinochoai e quattro epichyseis, cioè vasi da mensa per versare, e una loutrophoros, di uso funerario), ricomposti da vari frammenti. Elemento comune è la vivace decorazione policroma.

Il trapezophoros è unico nel suo genere, con uno schema iconografico ben documentato, qui proposto in una versione del tutto inedita: due grifi che uccidono un cervo.

La policromia è giocata con un ampio uso del giallo e dell’azzurro; le tracce di verde sulla base indicano la volontà di rendere realisticamnte il contesto naturale della scena, come il rosa usato per le narici.

Solo grazie alle analisi spettrofotometriche XRF dei pigmenti è stato possibile, infine, cogliere la presenza sulla testa e sul muso del cerbiatto del rosso porpora, il pigmento più ricercato nell’antichità.

Quanto alla vasca del bacino rituale, il podanipter, essa presenta all’interno la scena del trasporto delle armi forgiate da Efesto per Achille su richiesta della madre Teti, aiutata dalle sorelle.

Delle tre figure si conserva solo quella della Nereide che reca lo scudo (le altre portavano rispettivamente l’elmo e la spada).

L’episodio è descritto per la prima volta in un noto passo del XVIII canto dell’Iliade e reso celebre da Eschilo nelle Nereidi. […]