Beni culturali: immagini a pagamento

28 aprile 2023


di Giuliano Volpe ordinario di Archeologia Università di Bari e membro del comitato scientifico di Archeologia Viva 

Nel suo atto di indirizzo politico il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano aveva annunciato da subito la volontà di applicare canoni ancor più alti di quelli già previsti per l’uso delle immagini dei beni culturali, l’uso di spazi e il prestito delle opere. Ha così mantenuto fede a questa sua strategia con il decreto 161 dell’11 aprile il cui allegato elenca dettagliatamente stampe, immagini digitali, videoclip, diapositive, microfilm, riprese video, scansioni, riprese da drone e anche fotocopie… Per ogni fattispecie un calcolo di coefficienti dovrà regolare l’imposizione della gabella, a seconda delle dimensioni di una stampa, della tiratura di un libro, del prezzo di copertina (il discrimine è fissato a 50 euro), del pregio dell’opera.

Le immagini? Sarebbero di tutti

Ora se per l’uso degli spazi di musei e altri luoghi della cultura o per il prestito di opere nessuno credo metta in discussione una possibile e doverosa imposizione di canoni, il vero nodo riguarda l’uso delle immagini, cioè di un bene immateriale, di cui il Ministero si considera unico proprietario.

Pubblicazioni scientifiche a rischio

La scure si abbatterà infatti anche sulle pubblicazioni scientifiche: i ricercatori dovranno pagare canoni salati per pubblicare su una rivista scientifica o in un libro, con prevedibili ripercussioni soprattutto sui giovani ricercatori meno provvisti o del tutto sprovvisti di propri fondi di ricerca: ma non volevano investire sui giovani ricercatori?

Si destinano migliaia di borse di dottorato con il PNRR anche in ambito umanistico e poi costringiamo i dottorandi che desiderano giustamente pubblicare loro ricerche a decurtare le loro borse per pagare i canoni per le immagini di opere d’arte?

Un can(on)e che si morde la coda

È facilmente immaginabile infatti che gli editori, già in non poche difficoltà, per evitare salassi e per evitare di aumentare i costi di copertina e cercando di tenere contenuta la tiratura (che poi, in un infernale circolo vizioso, farebbero aumentare ulteriormente il costo dei canoni per l’uso delle immagini) scaricheranno sugli autori tali costi, chiedendo loro di certificare il possesso di autorizzazioni e disponibilità delle immagini.

Listino prezzi

L’allegato con i costi specifici per rendere più chiaro agli spaventati utenti i costi da sostenere regala anche esempi. Così precisa che uno storico dell’arte per la richiesta a un museo di foto da pubblicare deve sapere che per «due stampe fotografiche 24 x 30 in bianco e nero per riviste scientifiche di settore fino a 1000 copie e con prezzo di copertina maggiore di 50 euro, vedrà applicarsi questa tariffa (2 x 4,00) x 2,80 x 2,50 = 56 euro».

Paradossi “digitali”

Evidentemente il Collegio Romano ignora l’accesso aperto che ormai riguarda il mondo della ricerca anche in ambito umanistico: il decreto precisa che per gli ebook «la nozione di “tiratura” intende la quantità di download stimati. Qualora il numero di download effettivo superi quello stimato, il concessionario informa tempestivamente il concedente per consentire a quest’ultimo di determinare un corrispettivo integrativo».

Già vedo gli studiosi controllare quotidianamente quanti consultano on line un proprio articolo, non per rallegrarsi del suo impatto nella comunità scientifica internazionale, ma preoccupandosi di dover accendere un mutuo per pagare canoni aggiuntivi man mano che saranno più numerosi i lettori!

Capitolo merchandising

Immagino dirigenti e funzionari aggirarsi tra le bancarelle in Piazza dei Miracoli a Pisa o nei pressi del Colosseo a Roma per calcolare i proventi per le riproduzioni della torre e dell’anfiteatro flavio visto che nel caso di «merchandising (immagini di beni su prodotti commerciali di qualsiasi genere)» si prevede «dal 5% al 25% del prezzo finale di vendita in relazione alla singola categoria merceologica».

Si trovino valide alternative

Come ho avuto più volte modo di precisare, sono pienamente convinto che il patrimonio culturale possa contribuire allo sviluppo anche economico del nostro Paese, con la creazione di nuova occupazione qualificata, la crescita dell’impresa culturale. Ma può farlo in altre forme, ad esempio con il turismo culturale e non certo con dazi e canoni.

Beni culturali da proteggere… e la Venere con la pizza?

Infine, non posso nascondere un altro timore: il decreto include un riferimento all’art. 20 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. L’articolo del Codice (che non si riferisce ahimé alle immagini) prevede che i beni culturali non possano essere «distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione».

Ora si estende la norma alle immagini.  Bene, allora cominci a denunciare una promozione del turismo in Italia che raffigura la Venere di Botticelli che mangia la pizza, oppure che si completi l’opera facendole suonare anche il mandolino… cosicché i luoghi comuni nazionali ci siano tutti!