Vinum nostrum: una questione di civiltà Mostra a Firenze

vinum nostrum

Archeologia Viva n. 145 – gennaio/febbraio 2011
pp. 40-53

di Autori Vari, a cura di Guido Baligioni

«La diffusione della viticultura è un episodio tra i più rilevanti nella storia della civiltà:

essa accompagna gli spostamenti di uomini, mezzi e merci, segue il peregrinare di coloni. Probabilmente non esiste nel mondo antico un elemento trasversale quanto il vino, la cui presenza tocca tutti gli ambiti della società. Attorno alla vite e al suo frutto ha preso forma una serie straordinaria di significati, dalla religione alla filosofia, dall’arte alla scienza»
Giovanni Di Pasquale (Museo Galileo – Firenze)

Uno degli aspetti più stimolanti della scienza è la constatazione che ai quesiti posti si può sempre, almeno in linea di principio, rispondere. Alcune domande possono rimanere per molto tempo in una sorta di limbo prima che si raccolgano prove sufficienti per elaborare una risposta. È quanto è successo relativamente all’origine e diffusione dei vitigni coltivati.

L’antropologia può portare un contributo importante alla soluzione di questioni altrimenti indecifrabili con gli strumenti della ricerca viticola, anche la più avanzata. Se si parte dalle ricerche di linguistica il ragionamento appare più lineare.

Tutte le lingue parlate sono il risultato di tre processi: colonizzazione (un gruppo penetra in un’area e introduce la propria lingua), divergenza (la lingua cambia col passare del tempo) e sostituzione (un gruppo adotta una lingua nuova, introdotta o imposta da un altro gruppo). La circolazione varietale antica della vite ha seguito gli stessi modelli.

La storia della vite si sta rivelando un caso interessante di cooperazione pluridisciplinare. Tra i protagonisti è prima di tutto la genetica della vite.

Assieme alla linguistica, all’archeobiologia, alla biologia molecolare, inizia a prendere parte a questo dialogo interdisciplinare anche lo studio comparato dei miti e delle forme di spiritualità, cioè di quella che può essere definita come “archeologia della mente”.

Pur nella varietà degli approcci, da queste ricerche sull’identità della vite nelle diverse parti d’Europa emerge un tratto costante: l’origine di un continente senza confini rigidi che è sempre stato luogo di migrazioni, interazioni, ibridazioni, contrasti e conflitti tra popoli e che ha tratto linfa essenziale dalla diversità delle radici sul piano culturale e politico.

La storia della viticoltura è in definitiva una storia di consumo del vino, delle abitudini, prima mentali che alimentari o rituali; la coltivazione di un vitigno o una tecnica di coltivazione riflettono, d’altra parte, un sistema di rappresentazioni del mondo che le collega in profondità alle formulazioni mentali più elaborate, all’inconscio del mito e della religione.

L’accostamento tra cultura e materialità – descritto in modo magistrale da Lévi-Strauss – scandisce la cronologia degli eventi che hanno segnato l’introduzione nella produzione vitivinicola antica di nuovi metodi capaci di migliorarne produttività (nuovi vitigni), vinificazione (torchio a complemento del palmento), trasporto (anfore impeciate al posto degli otri di pelle), conservabilità (resina di pino e di terebinto) e quindi appassimento. […]