Pesci abissali: al tempo dei dinosauri

12 settembre 2023


Scoperte sull’Appennino le evidenze dei più antichi pesci abissali al mondo. Il ritrovamento delle tracce fossili retrodata la comparsa di questi vertebrati di 80 milioni di anni, al tempo dei dinosauri.

La notizia arriva da una ricerca condotta da un gruppo internazionale di scienziati guidato dal paleontologo italiano Andrea Baucon e di cui fa parte Luca Pandolfi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa.

«Quando abbiamo trovato questi strani fossili in tre siti paleontologici nei dintorni di Piacenza, Modena e Livorno (che dal punto di vista geologico fa parte dell’Appennino Settentrionale), non potevamo credere ai nostri occhi», racconta Pandolfi.

Utilizzando la fotogrammetria, i ricercatori hanno fornito un modello tridimensionale dei fossili studiati. Questi rappresentano l’attività dei più antichi pesci abissali. (Credit Girolamo Lo Russo) 

Il motivo dello stupore è la loro età

I fossili appena scoperti precedono di milioni di anni ogni altra testimonianza di pesci abissali risalendo all’inizio del Cretaceo (circa 130 milioni di anni fa) e rivelano la presenza dei pesci abissali già al tempo dei dinosauri. Si tratta di reperti particolarmente rari e insoliti.

Tracce fossili prodotte da pesci e ricostruzione del loro meccanismo di produzione. Foto di un campione reale e ricostruzione 3D a falsi colori di un altro campione. Negli sketch un tentativo di ricostruzione del meccanismo di produzione delle tracce fossili di alimentazione a scodella (fp), secondo il quale un pesce espone la sua preda al flusso dell’acqua e ricostruzione del meccanismo di produzione delle piste di movimento(st) e di nutrizione (ft).

Non sono infatti ossa, ma tracce che registrano il comportamento di animali scomparsi milioni di anni fa, come l’impronta sinuosa della coda di un pesce che nuotava vicino al fondale o le escavazioni prodotte da esemplari in cerca di cibo. Per capire il comportamento di questi primi vertebrati abissali i ricercatori hanno esplorato le profondità del Pacifico per studiare le chimere, o gli squali fantasma.

Le tracce fossili sono risultate identiche a quelle prodotte dai pesci moderni che si nutrono grattando o aspirando i sedimenti, in particolare i Neoteleostei, il gruppo di vertebrati che include i moderni “pesci-lucertola”(Bathysaurus).

A 1600 metri di profondità, una chimera nuota a poca distanza dal fondale. Nel nuovo studio, gli scienziati hanno studiato il comportamento dei moderni pesci di mare profondo per comprendere come si siano formate le tracce fossili riconosciute nell’Appennino. Il video mostra una chimera che nuota sul fondo dell’Oceano Pacifico (profondità: 1544 m; Fossa delle Kermadec). La chimera affonda il muso nel sedimento per nutrirsi. (Credit Thomas Linley, Alan Jamieson).
Vedi video: https://www.tracemaker.com/wp-content/uploads/2023/09/Chimera_Feed_Kermadec_1544m.mp4

Come le impronte degli astronauti sulla Luna

«Le tracce fossili appena scoperte – dice Baucon – sono paragonabili alle impronte degli astronauti sulla Luna. Sono reperti che riscrivono il “come” e il “quando” della colonizzazione degli abissi da parte dei vertebrati, un evento ancora poco compreso dalla scienza, dato che si tratta di ambienti che spesso precludono la fossilizzazione».

Da qui, ancora, l’eccezionalità del ritrovamento che ci racconta come migliaia di metri sotto la superficie del primordiale Oceano Ligure-Piemontese, i primi pesci abissali affrontassero condizioni ambientali estreme: oscurità totale, temperature prossime allo zero e pressioni colossali mettevano alla prova la sopravvivenza di questi pionieri.

Esempio di come i pesci attuali producano le tracce a scodella durante la ricerca di cibo.

Come se non bastasse, correnti torbide spazzavano le vaste pianure fangose pattugliate dai pesci in cerca di cibo. Queste condizioni estreme hanno richiesto adattamenti specifici, innovazioni evolutive altrettanto significative di zampe e ali che hanno permesso la colonizzazione della terra e dell’aria.
https://www.pnas.org/doi/full/10.1073/pnas.2306164120


Foto di apertura: alla ricerca di tracce fossili nel sito paleontologico di Quercianella (Livorno). Andrea Baucon osserva le tracce fossile all’interno della formazione rocciosa cretacica delle Argille a Palombini.