Con i lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 222 – novembre/dicembre 2023

di Piero Pruneti

Gli Etruschi si spinsero fin lì. Molto a sud rispetto a quell’area fra Arno e Tevere in cui tradizionalmente si colloca il fulcro della loro presenza. In precedenti numeri della rivista li abbiamo visti oltre gli Appennini, nel mondo celtico, nella grande Spina, addirittura a nord del Po a Bagnolo San Vito, dove per tanti anni ha condotto gli scavi Raffaele Carlo De Marinis, uno dei primi nostri collaboratori da poco scomparso. Ora li vediamo nel Meridione, stanziati a destra del Sele, a contatto con altri popoli italici, soprattutto con il mondo greco e la vicina Poseidonia/Paestum.

Ancora la Penisola non era stata “normalizzata” dai Romani e le genti ci vivevano libere di relazionarsi in base ai propri interessi e necessità. Certo valevano i rapporti di forza, ma nella dimensione multiforme di un mosaico. In questo complesso mondo preromano gli Etruschi senz’altro avevano una preminenza, forti del loro ethnos, una lingua, una cultura, un mito che ne facevano una civiltà.

Senza tuttavia quella struttura politica centralizzata e quell’idea imperiale che avrebbe decretato il dominio di Roma. Ecco ora gli Etruschi di Pontecagnano, “Etruschi di frontiera” per i motivi cui abbiamo appena accennato. Il Museo archeologico che ne porta il nome e la mostra visitabile nelle sue sale ci offrono una documentazione incredibile di questo incontro e miscelamento di popoli impostato non sulle armi e sulle deportazioni, ma sulla forza attrattiva dell’economia e della cultura, che il centro etrusco di Pontecagnano fu in grado di esercitare su una vasta area circostante.

L’articolo che pubblichiamo – a firma di tre ottimi studiosi della Magna Grecia – ci conduce alla scoperta di una realtà italica piena di fascino per noi italiani di oggi che, con tutte le nostre diversità e caratteri, ne siamo gli eredi. In seguito di popoli ne arriveranno molti altri, tutti stratificandosi e lasciando qualcosa. Ma Pontecagnano rimane un’esperienza paradigmatica che ha tanto da raccontare.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”