Con i lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 224 – marzo/aprile 2024

di Piero Pruneti

L’articolo che su questo numero riserviamo al sacro Pozzo di Perfugas – ben piantato nel centro di questo paese del nord-ovest della Sardegna, a ricordare ai sardi di oggi le loro radici (vive) nel terreno nuragico – documenta una sapienza costruttiva e una ideologia religiosa che lasciano a bocca aperta. Le foto di Nicola Castangia e degli altri fotografi che hanno collaborato all’illustrazione del monumento parlano chiaro: i sardi antichi erano all’avanguardia in campo architettonico, quindi anche sul piano concettuale, capaci di realizzare opere che in quel tempo – stiamo parlando della fine dell’età del Bronzo – le popolazioni del continente neppure si sognavano.

Quello che stupisce nel Pozzo di Perfugas, come in altre strutture dello stesso tipo che ritroviamo sull’isola, è la capacità di progettare unita alla tecnica costruttiva e, prima di tutto, all’abilità nella lavorazione della pietra. Opere di una modernità assoluta, con quel montaggio di linee dritte e curve in continuo dialogo fra loro che non lascia spazio a obiezioni. Si tratta di impianti che, come nel caso di Perfugas, nei millenni non si sono disallineati di un millimetro.

Protagonista è l’acqua, che ancora sgorga e corre nelle canalette. Oltre alla parte tecnica per la raccolta questi pozzi, queste fonti sacre, disponevano di un settore devozionale dove pastori, agricoltori, qualche mercante di fortuna… si fermavano per dissetare il corpo e l’anima. Luoghi d’incontro, di socializzazione in un’isola che non conosceva la scrittura.

E dunque questi straordinari architetti come avranno fatto a diffondere in modo così uniforme, canonico, la loro scienza? Alcuni sono portati a considerare i sardi nuragici gente ingegnosa, laboriosa, ma… un po’ tagliata con l’accetta. Una civiltà pastorale da cui non sia possibile pretendere troppo. Ecco, il Pozzo sacro di Perfugas ci spalanca un quadro di raffinatezza e perfezione che non è azzardato definire “rinascimentale”.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”