Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 144 – novembre/dicembre 2010

di Piero Pruneti

Prendi un alto funzionario della pubblica amministrazione, dagli la lista dei soprintendenti e il potere – d’accordo con l’assessore di turno – di farli ruotare a piacimento ogni quattro anni. È quanto succede in Sicilia, dove l’Assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana ha provveduto al periodico sommovimento nelle “sue” dieci soprintendenze.

Questo significa che nella regione più grande d’Italia – forte dello statuto speciale, ma nella Penisola siamo sulla stessa strada con le soprintendenze statali – l’autorità politica può spostare i soprintendenti come birilli.

Sinceramente non si scorge la lungimiranza di una simile pratica. Evitare collusioni e conflitti d’interesse in funzionari che occupano troppo a lungo la stessa poltrona? Migliorare la gestione collocando persone ogni volta più adatte nel posto giusto? Per il primo quesito viene da pensare “senti da che pulpito…” e comunque, se il problema fosse questo, non è più l’epoca del DDT.

Quanto al secondo eventuale obiettivo è davvero il caso di stendere un velo pietoso: se uno avesse messo tutti quei nomi in un bussolotto e avesse estratto a sorte sarebbe andata meglio.

Voglio citare solo il caso di Sebastiano Tusa, uno dei massimi esperti mondiali del Mediterraneo, che dalla Soprintendenza del Mare, da lui stesso fondata, è stato passato alla Soprintendenza di Trapani, dove operava ottimamente Giuseppe Gini, che invece è andato alla… Soprintendenza del Mare, e il caso di Rosalba Panvini che aveva portato la Soprintendenza di Caltanissetta a vertici di fama internazionale e che è andata a dirigere un paio di musei locali.

E allora diciamolo a cosa servono questi rimescolamenti generali: a tenere sotto controllo gli unici funzionari che forti di cultura scientifica e potere tecnico possono limitare la logica elettorale dei politici di turno.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”