Incontro con Marilina Betrò La voce della storia

Archeologia Viva n. 143 – settembre/ottobre 2010
pp. 76-77

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

«Il fascino dell’Egitto è oggettivo e le atmosfere che ci colpiscono oggi dovevano avere un effetto simile sugli antichi»

«È affascinante quella capacità di rapporti armonici con tutte le dimensioni della vita»

«La grandezza di Ramses II sta nel suo riflesso mediatico»

«Il “monoteismo” imposto da Akhenaton era impopolare»

«La valle del Nilo fu un grande crogiuolo di culture»

Andare a Pisa per incontrare Marilina Betrò è un po’ cercare il cuore dell’egittologia. Siamo nella sede universitaria dove insegnò Ippolito Rosellini, l’uomo che insieme a Champollion progettò e realizzò la Spedizione franco-toscana in Egitto.

Prima di allora (1828-29) la terra del Nilo non aveva mai ospitato una missione come quella, in grado di leggere e comprendere ciò che gli antichi monumenti narravano. Non potevano certo ancora farlo gli studiosi che una ventina d’anni prima avevano seguito l’esercito di Napoleone per documntare il paese e i suoi monumenti.

La professoressa Betrò – che su Rosellini e la Spedizione franco-toscana ha curato una bellissima mostra con la straordinaria documentazione in possesso della stessa Università di Pisa e i reperti concessi dal Museo Egizio di Firenze (vedi AV. n. 42) – siede letteralmente su questa memoria storica della riscoperta dell’Egitto, succeduta nella cattedra di Egittologia a un’altra grande egittologa contemporanea, Edda Bresciani, ormai in pensione, ma tuttora impegnata negli scavi, sempre dell’Università di Pisa, nel Fayum a Medinet Madi.

Dal 2003 Marilina Betrò dirige la missione archeologica dell’Università di Pisa nella necropoli dell’antica Tebe, nel settore noto come Dra Abu el-Naga. Tra le sue ultime monografie ricordiamo Sono venuta correndo a cercarti. Canzoni e musiche nell’antico Egitto, con Valerio Simini (ETS); la nuova edizione di Geroglifici (Electa) e la cura di Lungo il Nilo. Ippolito Rosellini e la Spedizione franco-toscna in Egitto (Giunti Editore).

Perché l’Egitto è in cima alla classifica della popolarità sia per quanto riguarda la sua storia che per le visite ai monumenti?
– È un’eredità di interessi che nasce da lontano. Il mito dell’Egitto è stato costruito nel tempo: già per gli antichi era il paese della saggezza, della grande ricchezza, dei monumenti maestosi, della magia.
Alcuni di questi elementi, rielaborati in chiave “popolare”, sono andati a formare l’immagine un po’ oleografica e superficiale che ci restituiscono oggi a piene mani i media, ma il fascino è oggettivo e io stessa lo subisco in prima persona e lo avverto fortemente ogni volta che ci vado.

Si basa sulle sensazioni quasi epidermiche che comunica la terra stessa: l’armonia, l’equilibrio, di cui gli Egiziani antichi fecero la regola aurea dell’universo, si respirano nel paesaggio e nel modo in cui i monumenti antichi vi si insriscono. E penso che le atmosfere che ci colpiscono oggi avessero lo stesso effetto sugli antichi.

Certo lo snaturamento di aspetti che coinvolgevano profondamente il pensiero e la spiritualità di quella cultura, poi etichettati come “magia” e ammantati di “misteri” che oggi alimentano solo una sottocultura, era già iniziato con i Romani e poi con i cristiani. Del resto, nei secoli dopo Cristo gli Egiziani stessi non li comprendevano più… […]