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Pompei: ecco la stanza del carpentiere

5 giugno 2024 


Un ambiente, conservatosi in maniera eccezionale, dove è stato possibile realizzare i calchi di mobili e altri oggetti di materiali deperibili: legno, tessuti, corde. È l’ultima scoperta in ordine di tempo nel quartiere servile della villa di Civita Giuliana, a Pompei, indagata scientificamente fin dal 2017 quando fu strappata agli scavatori clandestini.

Istantanea degli “ultimi”

Una stanza che amplia lo spaccato di vita degli ultimi, poco documentata nelle fonti letterarie, con un letto, ma anche attrezzi di lavoro e quello che sembra un telaio, forse di un altro letto, smontato.

Si riconoscono, inoltre, ceste, una lunga corda, pezzi di legno e una sega con lama, che sembra non tanto diversa dalle seghe tradizionali usate fino a poco tempo fa. Individuato perfino un pezzo della corda, sempre come impronta nel sottosuolo, che la teneva sotto tensione.

Storia dei calchi dall’800 a oggi

La tecnica dei calchi, sperimentata in maniera sistematica sin dal 1863 con la realizzazione dei primi calchi delle vittime dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., è unica al mondo in quanto frutto della dinamica specifica dell’evento catastrofico: persone o oggetti travolti e coperti dalla “corrente piroclastica”, una nube ardente di cenere e gas tossici, sono rimasti lì per secoli.

Reperti “in negativo”

Ma mentre la cenere si è solidificata, formando uno strato molto solido noto come “cinerite”, il materiale organico quali corpi umani, animali o oggetti lignei, si sono decomposti, lasciando un vuoto nel terreno. Questi vuoti possono essere riempiti di gesso durante lo scavo, per riottenere, dall’impronta in “negativo”, la forma originale.

Una tecnica che ha portato a risultati straordinari nella villa di Civita Giuliana, dai calchi di due vittime e di un cavallo a quelli dei letti modesti del quartiere servile.