Archeologia Viva n. 227 – settembre/ottobre 2024
pp. 54-61
di Stefania Zini, Nikita Khokhlov ed Elizaveta Veselovskaya
I resti di soldati italiani morti durante l’inverno del ‘42 nel momento più critico dell’invasione del territorio sovietico e di recente rinvenuti in un campo della regione di Rostov sono stati analizzati nell’ambito di un progetto che ne ha consentito la ricostruzione facciale
La nostra rivista pubblica quei volti “ritrovati” dando ora la possibilità di un riconoscimento alle famiglie di chi a casa non tornò mai
Notte di Natale del 1942. Siamo in URSS, nell’Oblast’ di Rostov, regione della Russia europea meridionale, tra le alture del Don e il Mar d’Azov. Un’altra gelida notte di guerra. A Mal’chevskij, paesino vicino all’aerodromo militare di Millerovo, un bimbo del luogo assiste per caso a un evento che non dimenticherà. Vede seppellire dei corpi. Come verrà a sapere, si tratta di sedici artiglieri italiani addetti alla contraerea dell’aeroporto.
Ottant’anni dopo, quel bambino, ormai un anziano signore, condivide i ricordi con un compaesano, Viktor Vasilevskij, direttore della Fondazione “Nasledie” di Volgogrado (ex Stalingrado) che si occupa del recupero dei soldati caduti durante la Seconda guerra mondiale. In quell’esatto momento nasce “Nomi dimenticati”, un grande e ambizioso progetto italo-russo di ricerca.
Si organizza immediatamente una spedizione sul luogo segnalato dal prezioso testimone e nel maggio del 2022 gli archeologi rinvengono sei corpi in un campo aperto. Nulla in superficie ne indica la presenza.
Non ci sono scritte, sassi o altri segnali, tantomeno una lapide. Forse il tempo ha cancellato ogni traccia. O più probabilmente, date le circostanze, siamo di fronte a una sepoltura effettuata in tutta fretta.