Archeologia Viva n. 227 – settembre/ottobre 2024
pp. 30-38
di Marco Castiglioni, Nelly Cattaneo, Massimo Palazzi e Alessandro Pellegatta
L’attrazione del mondo occidentale per il “continente nero” è impressa nella memoria storica di alcune grandi esplorazioni di viaggiatori europei e italiani che dettero impulso all’epopea delle ricerche geografiche e scientifiche in Africa
Tra loro – ultimi di una lunga serie – c’erano anche due fratelli di Varese…
Le vicende ottocentesche degli europei in Africa sono state segnate dalle grandi potenze colonialiste. Affaristi occidentali e mercanti arabi si spartirono la parte equatoriale del continente a iniziare dal bacino del Congo, trasformando così, in pochi decenni, una “terra incognita” in una delle aree più brutalmente sfruttate.
Al centro di questo processo ci furono tre uomini: Henry Morton Stanley (1841-1904), un esploratore gallese che lavorava per Leopoldo II re del Belgio (questi con la forza e la violenza fondò lo Stato “libero” del Congo); l’esploratore Pietro Savorgnan di Brazzà (1852-1905) che pose le basi di un impero a nome della Francia; e il ricchissimo Tippu Tip (1837-1905) di origini miste, swahili e omanite, che guidò un vasto impero commerciale basato sul mercato dell’“avorio nero”, cioè degli schiavi africani.
Il caso del Congo è emblematico di come alle esplorazioni si sovrapposero le devastazioni prodotte dai governi coloniali.