Archeologia Viva n. 227 – settembre/ottobre 2024
pp. 18-29
di Maria Angela Turchetti, Elisa Laschi, Danilo Nati e Nadia Barbi
Il recente restauro dei materiali etrusco-romani rinvenuti nel secolo scorso getta nuova luce su culti e riti officiati nel Senese in una grotta di Cetona nota per la credenza popolare – documentata fino ai nostri giorni – delle proprietà galattofore delle acque percolanti
Un vivace spaccato del profondo bisogno di protezione dell’essere umano e del legame che unisce genitori e figli
Siamo all’interno del Parco archeologico e naturalistico di Belverde, alle pendici del Cetona, un monte della provincia di Siena sul versante ovest della Valdichiana, ben riconoscibile per la forma a cono percorrendo l’A1 fra le uscite di Chiusi e Fabro.
L’ambiente naturale è ricco di cavità e anfratti. Sul fianco orientale della montagna a 515 metri di quota si apre Grotta Lattaia, un’ampia e articolata cavità carsica divisa in due saloni collegati da stretti cunicoli, posti uno sopra all’altro, con un dislivello totale di circa 25 metri.
Il primo a darne notizia è Giorgio Santi, che alla fine del Settecento visita la grotta allora denominata Buca Lattaia o Tomba Lattaia.