Con i lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 227 – settembre/ottobre 2024
di Piero Pruneti

L’articolo di questo numero su Grotta Lattaia ci introduce nella dimensione del sacro o, meglio, ci riporta all’ancestrale necessità di un rapporto con la/le divinità a fini “utilitaristici”, per una richiesta estrema di aiuto. Nel nostro caso riguardante il latte materno, fino a non troppo tempo fa pressoché insostituibile per la sopravvivenza dei neonati. Si sa che dove i rimedi umani non arrivano entrano in campo altre “forze”, magiche o soprannaturali che siano, di cui non si è mai potuto fare a meno. Tant’è che poca o nessuna differenza è riscontrabile fra le consuetudini pagane e quelle cristiane per ottenere grazie e favori “dall’alto”.

Se poi vogliamo esulare dalla religione e parlare di pratiche magiche si entra in una zona d’ombra dove l’inganno e la dabbenaggine – oggi meno giustificati di un tempo per un substrato culturale più consistente che dovrebbe consentire maggiori capacità critiche – incredibilmente la fanno ancora da padroni. Su tutto rimane il fatto che migliorando le conoscenze scientifiche lo spazio del “sacro utile” si riduce, anche a vantaggio di una spiritualità più autentica.

Ma tornando negli antri di Grotta Lattaia, ci commuovono le testimonianze di una sofferenza tutta femminile e tutta infantile derivante dai problemi dell’allattamento e della crescita, per i quali si implorano gli dei, si bevono le acque percolanti, si succhiano le formazioni calcaree lattiginose nella convinzione che qualcosa succeda. Si lasciano gli ex voto. Tanti. Una frequentazione e una devozione che sono documentate fino al secolo scorso, corroborate dalla sacra immagine di una “Virgo lactans” nella vicina chiesa di Santa Maria di Belverde.

La sofferenza e il bisogno di aiuto non trovano limiti. Per la vita e la salute di un figlio si è disposti a credere nell’impossibile. Da Grotta Lattaia esce il quadro dell’istinto di conservazione che ci accomuna a tutte le altre specie, ma anche dei profondi sentimenti di amore di cui Homo sapiens è capace.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”