9 settembre 2024
Un episodio centrale nella storia dell’Etruria: la conquista di Velzna (Volsinii, in lingua latina), l’odierna Orvieto, l’ultima città-stato etrusca a cadere in mano romana, è raccontato nella mostra “Volsinio capto. 265-264 a.C.”, allestita a Orvieto nel Museo Etrusco “Claudio Faina” (fino all’8 dicembre). Lo scopo della mostra è ricomporre i frammenti di una vicenda storica che si sono eccezionalmente conservati. Catalogo a cura di Giuseppe M. Della Fina pubblicato da Palombi (testi di Claudio Parisi Presicce, Monica Ceci, Francesca de Caprariis, Anna Maria Rossetti e del curatore).
Il racconto di uno storico bizantino
L’episodio è raccontato, a partire dalle sue cause, da Giovanni Zonara (XII sec.), che scrive lontano dagli avvenimenti, ma avendo a disposizione fonti storiche andate perdute per noi. Lo storico bizantino narra le sconfitte inanellate da Velzna nei confronti di Roma che costellarono i decenni iniziali del III sec. a.C. e che portarono a una delegittimazione delle classi dirigenti locali e a un rivolgimento violento degli assetti istituzionali e sociali. L’aristocrazia, allontanata dal potere, chiese nel 265 a.C. l’intervento dell’esercito romano che, dopo un lungo assedio, nell’anno successivo, arrivò a saccheggiare la città e a trasferire forzatamente gli abitanti superstiti sulle alture attorno al lago di Bolsena.
Un chiaro messaggio di Roma
Si trattò di uno degli interventi più duri effettuati da Roma all’interno della penisola italiana. La spiegazione si può trovare nella volontà di vendicare un console, che era stato ucciso durante l’assedio, e soprattutto d’inviare un messaggio a tutte le altre città-stato etrusche in un anno – il 264 a.C. – in cui Roma iniziò il confronto con Cartagine. Il 264 a.C. è infatti l’anno d’inizio della prima guerra punica.
Il donario di Marco Fulvio Flacco dedicato dopo la presa di Velzna (foto Sovrintendenza Capitolina)
Celebrazione sulla pietra
La presa di Velzna si deve al console Marco Fulvio Flacco che celebrò quell’evento con un’iscrizione monumentale incisa sui blocchi di peperino e che è stata rinvenuta nell’area sacra di Sant’Omobono a Roma, vicino ai templi di Fortuna e di Mater Matuta. L’iscrizione, in lingua latina, recita: «Marco Fulvio Flacco, figlio di Quinto, console, dedicò dopo la presa di Velzna». Essa è replicata in un’altra iscrizione dello stesso tenore e posizionata accanto. Questa eccezionale testimonianza storica, suddivisa attualmente in quattro frammenti, è il perno della mostra allestita significativamente nella città di Orvieto, che, insieme alla vicina Bolsena, è erede di quella storia, per iniziativa della Fondazione per il Museo “Claudio Faina” in collaborazione con la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
L’area sacra di Sant’Omobono a Roma dove è stato rinvenuto il donario di Marco Fulvio Flacco (foto Sovrintendenza Capitolina)
Modelli greci in ambito etrusco
Insieme al donario è esposta una testa femminile in trachite proveniente da Orvieto e conservata a Roma presso il Museo “Giovanni Barracco”. Fu rinvenuta prima del 1893 dall’ingegnere Riccardo Mancini, che la dice proveniente da una necropoli di Orvieto. Ė stato ipotizzato anche che fosse da riferire alla decorazione scultorea di una porta urbica. La sua eccezionalità risiede nell’iconografia, negli elementi antiquariali, nella peculiare cifra stilistica e nel pregio formale dagli esiti estetici ed espressivi suggestivi. Tra i capelli è stato riconosciuto uno dei simboli dionisiaci più comuni: la corona di edera. L’individuazione di un elemento tanto qualificante dell’ambito dionisiaco, coincide pienamente con la proposta di Giovanni Colonna, secondo il quale il personaggio può identificarsi con una Menade (forse Arianna?). Il suo artefice si mostra profondo conoscitore dei modelli greci e latore di richiami tardo-classici, per i quali è stato suggerito il nome dello scultore Skopas. Databile agli inizi del III sec. a.C., quindi pochi decenni prima della fine di Velzna.
Testa femminile da Orvieto (inizi III sec. a.C.).
(Foto Alfredo Valeriani/Sovrintendenza Capitolina)
In apertura: Panoramica di Orvieto con particolare della rupe
(Foto Massimax/Shutterstock)