15 novembre 2024
I geni dell’Uomo di Denisova hanno aiutato i popoli Tibetani e Sherpa a colonizzare gli ambienti di alta quota. L’ibridazione genetica con i Denisoviani ha permesso alle attuali popolazioni dell’Himalaya di evolvere adattamenti utili per ridurre il rischio cardiovascolare associato alla scarsità di ossigeno nel sangue e garantire un adeguato livello di ossigenazione dei tessuti, caratteristiche fondamentali per la sopravvivenza a elevate altitudini. La scoperta è stata realizzata da un gruppo di ricerca coordinato dall’Università di Bologna.
Uomo di Desinova
Un “lascito” di 30.000 anni fa
Gli studiosi hanno analizzato i genomi di individui appartenenti a gruppi etnici nativi delle regioni himalayane di Tibet e Nepal per capire l’impatto biologico che hanno avuto varianti introdotte nel loro patrimonio genetico dall’ibridazione con popolazioni di Uomo di Denisova, una specie umana arcaica vissuta in Asia fino a circa 30.000 anni fa. L’obiettivo era verificare se queste varianti genetiche si fossero rivelate vantaggiose per far fronte agli stress della vita ad alta quota, primo fra tutti la ridotta capacità dell’organismo di catturare l’ossigeno presente nell’atmosfera.
Dieci geni “responsabili”
Spiega Marco Sazzini, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, che ha coordinato lo studio: «A differenza di quanto sostenuto fino a ora dalla letteratura scientifica, non sono le modificazioni a carico di un solo gene ad aver favorito l’adattamento delle popolazioni Tibetane e Sherpa alla vita ad altitudini elevate. I nostri risultati mostrano infatti che l’ibridazione tra gli antenati di queste popolazioni e l’Uomo di Denisova ha portato a numerose combinazioni vantaggiose di varianti tipiche della nostra specie e “arcaiche” che coinvolgono almeno una decina di geni».
Convivenze vantaggiose
Oggi sappiamo che la nostra specie, l’Homo sapiens, ha convissuto per un certo periodo di tempo con altre specie umane e che questa convivenza ha portato a molteplici eventi di ibridazione genetica. Questi eventi hanno contribuito a plasmare la biologia delle popolazioni umane in maniera decisamente più rilevante di quanto non si fosse precedentemente ipotizzato.
Infinite varianti
Analizzando il genoma delle popolazioni moderne è infatti possibile individuare quella piccola percentuale di varianti provenienti dal patrimonio genetico delle specie arcaiche con le quali è avvenuto il mescolamento: nel genoma delle popolazioni non africane osserviamo l’1-2% di varianti neandertaliane, mentre nelle popolazioni dell’Asia orientale e della Melanesia si può trovare fino al 3% di varianti denisoviane.
Geni “salvavita” per l’alta quota
Gli studiosi hanno quindi mappato il genoma di individui appartenenti a popolazioni di ancestralità tibetana che vivono al di sopra dei 3000 metri di quota. Combinando diversi approcci di analisi, hanno identificato delle varianti “arcaiche” che contribuiscono a mediare specifici adattamenti biologici, ad esempio utili per ridurre il rischio cardiovascolare dovuto alla scarsità di ossigeno o per garantire un adeguato livello di ossigenazione dei tessuti, caratteristiche fondamentali per la sopravvivenza in alta quota.
In apertura: donna di etnia Sherpa che trasporta materiale dal villaggio permanente agli insediamenti estivifed