Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 141 – maggio/giugno 2010

di Piero Pruneti

Siamo all’assalto della diligenza. Il gioco è troppo chiaro: mantenere il sistema Italia in perenne stato d’emergenza, senza affrontare i suoi mali con una strategia di lungo corso, per intervenire in forma urgente, straordinaria (e possibilmente spettacolare a uso delle televisioni). Tramite la Protezione civile, che può agire “in deroga”, al di fuori dei normali limiti amministrativi.

Nei beni culturali questo significa escludere le soprintendenze, da tempo ridotte allo stato comatoso, e nominare commissari per fronteggiare la… catastrofe. Ma per i beni culturali non mancavano i soldi? Per i commissari si trovano. Commissari a Pompei, Roma e Ostia, agli Uffizi, all’Accademia di Brera. Commissari dove il giro di affari sia interessante.

In realtà si tratta di siti e musei con problemi di manutenzione e gestione di lunghissima data e comuni a tutto il patrimonio culturale italiano, per affrontare i quali si richiedono da tempo assennate scelte politiche che mettano gli uffici tecnici preposti in grado di operare con metodo e competenze specifiche. Aree archeologiche e monumenti richiedono un’attenzione costante, nei decenni, nei secoli… Cosa c’entra la Protezione civile? A Roma si è trovata la scusa di “rischio imminente di crolli” per le aree archeologiche; in particolare per il Palatino di “rischio idrogeologico” (un problema di vecchia data, rispolverato ad hoc).

Così in un primo tempo è stato nominato commissario lo stesso Bertolaso, come dire che se non si interveniva subito e con ogni mezzo veniva giù tutto. Poi Bertolaso si fa sostituire – lui è uomo d’azione, sempre fra elicotteri e sirene: ve lo immaginate a seguire restauri che richiedono anni? – e del Palatino non si parla più. Così anche a Pompei, a Firenze, a Brera: la montagna sta partorendo un topo. Questa volta disinvoltamente costoso.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”