Archeologia Viva n. 230 – marzo/aprile 2025
pp. 28-39
di Nicola Laneri, Stefano Valentini, Sergio G. Russo e Alice Mendola
Una sensazionale scoperta in Azerbaijan ai piedi del Caucaso meridionale ci parla – anche per una regione interessata da popolazioni in movimento e dedite alla transumanza – della commensalità come usanza che come in tutto il Vicino Oriente Antico andava ben oltre la semplice condivisione del cibo divenendo potente mezzo rituale per unire le persone e rafforzare le strutture sociali
Le alte montagne del Caucaso hanno da sempre segnato il confine tra le società del Vicino Oriente e dell’Asia centrale, tra Oriente e Occidente. Quest’ampia regione, considerata dai primi autori e storici greci una frontiera dello scibile, è legata anche alle tratte del XIII secolo percorse da Marco Polo lungo la Via della Seta.
Tuttavia, la conoscenza archeologica della variegata area caucasica, rispetto alle regioni mesopotamiche e siro-anatoliche, fino a pochi decenni fa si fermava allo studio dei ricchi corredi dei kurgan, le tombe a tumulo che a partire dal IV millennio a.C. caratterizzano il paesaggio sia a nord della catena del Grande Caucaso, sia a sud verso il Caucaso minore.
Più di recente, l’interesse degli studiosi per questa regione è cresciuto. Combinando l’analisi dei contesti funerari con quella delle comunità dei vivi, gli archeologi hanno ampliato la conoscenza di un’area lontana dalle dinamiche di sviluppo urbano proprie delle società mesopotamiche, caratterizzata dal transito delle comunità che si muovevano lungo le vallate del Kura e dell’Aras.