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Nord Africa: storie di neolitici “resilienti”

14 marzo 2025 


Lo studio dell’antico DNA su resti di individui del Maghreb orientale fa emergere la resilienza genetica e culturale dei cacciatori-raccoglitori del Neolitico Un nuovo studio, condotto da un team internazionale coordinato dalla Sapienza, fornisce la prima ricostruzione genetica finora disponibile delle antiche popolazioni della regione del Maghreb orientale (l’attuale Tunisia e Algeria orientale), rivelando come i gruppi locali di cacciatori-raccoglitori abbiano mantenuto la propria identità genetica nonostante l’arrivo di gruppi neolitici dall’Europa e dall’Asia sud-occidentale e offrendo una prospettiva inedita sulla transizione neolitica nel Nord Africa.

Mappa del Maghreb orientale (1: Afalou Bou Rhummel; 2: Djebba; 3: Doukanet el Khoutifa; 4: Hergla)

Periodo di grandi cambiamenti (non per tutti) 

Il periodo Neolitico, iniziato circa 12.000 anni fa, ha segnato una trasformazione cruciale nella storia umana, con il passaggio dalle economie basate sulla caccia e raccolta alla prime forme di produzione di cibo (agricoltura e allevamento). Mentre gran parte dell’Europa subì drastici mutamenti genetici a causa delle ondate migratorie delle comunità agricole dall’Asia sud-occidentale, il ruolo del Nord Africa in questa transizione è sempre rimasto meno chiaro, anche a causa della scarsità di studi genetici condotti in queste regioni.

Doukanet el Khoutifa, Tunisia (foto Giulio Lucarini)

Genetica a favore

Ora, questa nuova ricerca, sfida l’idea che il Nord Africa sia stato un semplice ricettore passivo delle influenze neolitiche, mostrando come, sebbene alcuni contributi genetici dai primi agricoltori siano giunti nel Maghreb orientale attraverso il Mediterraneo, le popolazioni locali mantennero un forte legame con le loro tradizioni di cacciatori-raccoglitori.

Le tracce del passato nel DNA antico

Analizzando i dati genetici di individui vissuti tra 15.000 e 6.000 anni fa nel Maghreb orientale, gli studiosi hanno rilevato un’elevata continuità genetica. L’analisi degli individui di circa 7.000 anni fa ha mostrato che, sebbene gli agricoltori europei abbiano contribuito al patrimonio genetico locale – generalmente per meno del 20% – il loro impatto è stato molto più limitato rispetto ad altre aree del Mediterraneo settentrionale, dove le comunità agricole sostituirono in gran parte i gruppi di cacciatori-raccoglitori autoctoni.

In quest’area, l’agricoltura non avrebbe completamente rimpiazzato le precedenti tradizioni: al contrario, le comunità del Maghreb orientale hanno dato prova di una straordinaria resilienza, sia culturale che genetica, permettendo loro di persistere in gran parte inalterate nonostante i drammatici cambiamenti in corso altrove.

Un fenomeno differenziato

Spiega uno degli autori corrispondenti e Co-Direttore del Northern Tunisia Archaeological Project (NoTAP) Alfredo Coppa(foto sotto): «Questa scoperta apre nuove prospettive sulla complessità della transizione neolitica nel Mediterraneo, mostrando come il passaggio alla produzione alimentare non fu un processo uniforme, ma piuttosto un fenomeno dinamico e regionalmente differenziato».

Il caso tunisino e i contatti con Pantelleria

Uno degli aspetti più affascinanti di questo studio è stata la scoperta di un’antica ascendenza legata ai cacciatori-raccoglitori europei in alcuni individui tunisini, di circa 8000 anni fa: si tratta della prima chiara evidenza genetica di contatti tra le popolazioni dell’Europa meridionale e del Nord Africa.

Hergla, Tunisia (foto Simone Mulazzani)

La prova che mancava

Questo dato suggerisce che alcune rotte marittime, verosimilmente attraverso lo Stretto di Sicilia, abbiano facilitato le interazioni umane nel Mediterraneo molto prima di quanto si pensasse. Sebbene tale ipotesi fosse già stata avanzata in seguito al ritrovamento a Hergla – uno dei siti in cui sono stati scoperti i resti umani analizzati in questo studio – di ossidiana proveniente da Pantelleria, è la prima volta che studi genetici confermano questi contatti.

Scavo della Tomba  W22 US3101 at Doukanet el Khoutifa (Tunisia) con Louiza Aoudia, Alfredo Coppa, e Giulio Lucarini (foto Francesco La Pastina)

Resilienza e adattamento di fronte al cambiamento 

Tuttavia, mentre altre regioni del Mediterraneo sperimentarono un ampio mescolamento genetico con l’espansione dell’agricoltura – processo che coinvolse anche il Maghreb occidentale – le popolazioni locali del Maghreb orientale mantennero gran parte del loro bagaglio genetico fino ai pieni sviluppi del Neolitico.

Sepoltura a Hergla, Tunisia (foto Simone Mulazzani)

A differenza dei territori dell’odierno Marocco, dove l’ascendenza genetica legata agli agricoltori europei ha raggiunto, in alcune popolazioni, l’80%, il Maghreb orientale ha sperimentato un impatto genetico dalle comunità neolitiche in arrivo decisamente più limitato.

Qui la vita continuò come sempre

Conclude Giulio Lucarini ricercatore del CNR, altro autore corrispondente e Co-Direttore del NoTAP: « Le evidenze archeologiche mostrano che a differenza delle comunità del Maghreb occidentale (Marocco), dell’Africa nord-orientale (Egitto) e dell’Europa meridionale, l’agricoltura qui non si affermò stabilmente prima del I millennio a.C., e le comunità locali continuarono a basare la loro economia principalmente sull’allevamento di pecore, capre e, in minor misura, bovini, e praticando la raccolta di molluschi terrestri, la caccia e la raccolta di piante spontanee»

Gruppo di lavoro durante la campagna di scavo a Doukanet el Khoutifa, in Tunisia  (foto Francesco La Pastina)


Foto apertura: scavo di resti umani a Doukanet el Khoutifa, Tunisia (foto Giulio Lucarini)