Archeologia Viva n. 231 – maggio/giugno 2025
pp. 8-26
di Angela Maria Ferroni
È stata la prima vera arteria stradale e quella che preannunciò l’impero multicontinentale di Roma poiché in questa grande opera si riconoscono tutte le capacità tecniche amministrative e politiche che permisero a un semplice popolo italico stanziato sulle rive del Tevere di diventare padrone del mondo
L’Appia è sopravvissuta fino a noi con lunghi tratti di selciato originario e con le città e i monumenti che ancora si allineano lungo l’antico percorso componendo una memoria storica e paesaggistica ora riconosciuta come 60° sito UNESCO italiano
Gli stessi Romani la definirono regina viarum, oltre che insignis, nobilis, celeberrima, riconoscendo alla Via Appia la sua importanza politico-strategica, ma anche le tante valenze che essa assunse fin dalla realizzazione, avviata da Appio Claudio Cieco nel 312 a.C.
Costruita su terreni di proprietà pubblica (ager publicus), acquisiti allo scopo da Appio Claudio nella sua qualità di censore, la strada era libera da dazi e tutti potevano percorrerla; come via publica (la prima della vasta e articolata rete di comunicazione creata dai Romani) divenne da subito un’arteria di commerci e di primari scambi culturali, favorendo i collegamenti tra i territori del centro-sud della Penisola che entravano nell’orbita di Roma e l’integrazione di popoli diversi.
Fu il modello per tutte le strade con le quali Roma progressivamente allacciò, prima, le varie parti d’Italia e poi tutte le terre intorno al bacino mediterraneo; un modello, anche per le tecniche ingegneristiche impiegate, che ha costituito un punto di riferimento fino all’età moderna.