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Sgabello etrusco in avorio: restauro finito

6 giugno 2025

Si è concluso “Nelle terre dei Rasna” il progetto per la salvaguardia e la valorizzazione di un reperto prezioso e unico appartenente alle collezioni del Museo Civico Archeologico del Settore Musei Civici Bologna: uno sgabello in avorio datato alla fine del VI sec. a.C., raro esempio di manufatto con funzioni di rappresentanza nell’ambito della società etrusca.

Dopo otto mesi lo sgabello in avorio torna ad essere esposto nella Sala X della collezione permanente del Museo, dedicata alla Bologna etrusca, con un nuovo supporto e un nuovo apparato multimediale.

Parte di un corredo tombale

Lo sgabello è parte del ricco corredo rinvenuto nella tomba 173 portata alla luce nel 1887 dall’allora direttore del Museo Archeologico Edoardo Brizio (1846 – 1907) nel parco dei Giardini Margherita a Bologna, in occasione dei lavori di sistemazione per accogliere i padiglioni dell’Esposizione Emiliana del 1888.

Già in precedenza l’area aveva restituito 172 tombe di epoca etrusca e, dopo lo scavo di Brizio, le indagini archeologiche proseguirono fino agli anni Ottanta del XX secolo, per restituire complessivamente oltre 230 tombe databili tra la seconda metà del VI e gli inizi del IV sec. a.C.

Oggetto raro

Lo sgabello è formato da due coppie di gambe incrociate, fissate fra loro con perno metallico e raccordate nella parte superiore da due traverse, cui era fissata la seduta, che doveva probabilmente essere in cuoio, così da consentirne la chiusura.  Mentre sono piuttosto frequenti le attestazioni in epoca etrusca di piccoli mobili in legno come sedili o tavolini, la scelta dell’avorio rende questo elemento un reperto di eccezionale rilevanza nel panorama non solo dell’area bolognese ma dell’Etruria in generale.

Era uno sgabello pieghevole

La manifattura particolarmente preziosa ha indotto a formulare la suggestiva ipotesi che si tratti di una sella curulis, il sedile pieghevole su cui sedevano i magistrati nell’esercizio delle loro funzioni. L’oggetto potrebbe dunque essere stato deposto nella sepoltura per ricordare una carica magistratuale ricoperta dal defunto all’interno della comunità civica bolognese.

Il restauro e le analisi diagnostiche 

Il reperto presentava una fragilità elevata dovuta ad un degrado molto avanzato, che aveva comportato fratturazione, frammentazione e disgregazione di alcune parti, oltre al dislocamento parziale di porzioni e a un generale inaridimento della superficie. Nel corso dei precedenti restauri l’avorio era stato pulito, consolidato e incollato, ma in alcuni punti gli adesivi avevano ceduto, provocando altri distacchi di materiale.

L’attento esame dei frammenti ha anche premesso di individuare alcuni elementi relativi all’originario sistema di montaggio (piccoli fori con tracce di chiodi, tasselli di avorio, ecc.). Le indagini radiografiche hanno dato un ulteriore contributo allo studio del sistema di assemblaggio delle parti di avorio per mezzo di elementi metallici. Per quanto riguarda la giunzione tra le coppie di “gambe”, una boccola in ferro alloggia i due perni in bronzo con una estremità decorata in argento, permettendo così allo sgabello di richiudersi con naturalezza e senza attrito.

Avorio da zanne di elefante

Le analisi di archeozoologia hanno permesso di ricondurre con certezza l’avorio ad un proboscidato, escludendo quindi l’utilizzo dell’avorio di altre specie animali, quali l’ippopotamo, il tricheco e alcuni cetacei. Inoltre, contrariamente a quanto presupposto in passato, si è confermato che non si tratta di zanne intere ma di porzioni di esse e, anche se lo stato precario di conservazione non consente una lettura precisa sul metodo di intaglio, tutti i pezzi potrebbero essere stati realizzati anche da una singola zanna.

L’iniziativa – a cura scientifica di Federica Guidi e Marinella Marchesi, archeologhe del museo felsineo diretto da Paola Giovetti – è stata avviata nell’ottobre 2024 in stretta collaborazione culturale con il Rotary Club Bologna Est in occasione del 60° anniversario dalla sua fondazione, sotto la presidenza dell’avvocato Silvia Stefanelli.
Info: Museo archeologico Bologna