Archeologia Viva n. 232 – luglio/agosto 2025
di Piero Pruneti
C’era una volta il Tabarestan, attuale Mazandaran, regione persiana ai confini con il Caspio, a cui dedichiamo un ampio articolo a cura della Missione archeologica irano-italiana. È una terra bellissima con una storia intrigante legata alle vicende degli Achemenidi, degli Arsacidi e dei Sasanidi, le tre grandi dinastie che per oltre un millennio fecero della Persia una temibile superpotenza.
In questo quadro di organizzazione interna del potere e di rapporti internazionali, il Tabarestan, anche per la sua dislocazione geografica, rimase una realtà geopolitica defilata, con propri governatori o sovrani più o meno autonomi dal Re dei Re. Proprio per questo è interessante indagare nel passato del Tabarestan, perché qui, più nitidamente che altrove, si leggono le dinamiche di una storia più generale, in cui la regione si trovava comunque inserita.
L’articolo a più mani, coordinato dal nostro Roberto Dan, giovane e valente archeologo orientalista, ci presenta i risultati di indagini che hanno avuto per oggetto proprio quell’ultimo cruciale periodo della orgogliosa Persia sasanide e zoroastriana che alla fine dovette capitolare davanti alla marea dell’Islam.
Il Tabarestan zoroastriano, con la sua dinastia locale dei Dabuyidi, sopravvisse per più di un secolo alla disfatta dell’impero centrale, anche sfruttando abilmente le caratteristiche di un territorio in buona parte fatto di alte montagne e profonde vallate, dove venne creato un sistema di difese che rendeva molto difficile penetrarvi.
Nell’articolo si presentano le indagini nel Grande Arco, una conformazione geologica spettacolare, oltremodo scoscesa e molto problematica sotto il profilo logistico, adattata come ultimo “palazzo” di un potere addirittura costretto ad arroccarsi all’interno di una rupe. L’équipe irano-italiana sta riportando in luce una vicenda incredibile, restituendoci la dimensione residuale di un potentato ridotto in ambiente estremo: il Grande Arco del Tabarestan.
Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”