Morgantina e il ritorno delle dee Obiettivo su...

Archeologia Viva n. 139 – gennaio/febbraio 2010
pp. 66-67

di Beatrice Basile

Grazie a una netta inversione di tendenza nei rapporti con alcune famose istituzioni museali d’oltreoceano torna a casa dopo lunghe vicissitudini fra scavi clandestini e traffici internazionali una serie di capolavori provenienti dalla “Pompei di Sicilia”

Immersa nella vasta campagna della provincia di Enna, in un paesaggio di sconfinati orizzonti, denso di verde e di azzurro, Morgantina, la “Pompei di Sicilia” secondo la definizione di Paolo Orsi, fu una città siculo-greca, nata come centro indigeno, ellenizzata tra fine VII e inizi VI sec. a.C., espugnata dal re dei Siculi Ducezio alla metà del V sec. a.C., ricostruita e splendidamente fiorita in età ellenistica, sotto l’influsso di Siracusa, e infine scomparsa nel corso del I sec. a.C.

Non più rioccupata, ha conservato intatto il suo tessuto urbano, e solo la terra del tempo ha ricoperto strade, case e mura, che dagli anni Cinquanta del secolo scorso vanno riaffiorando, anno dopo anno, sotto il piccone degli archeologi.

Morgantina ci restituisce oggi la più suggestiva e completa immagine, straordinariamente unitaria, di una grande città ellenistica dell’interno della Sicilia, con strade regolari che delimitano quartieri di ricche e ampie case dai pavimenti a mosaico e dalle pareti ricoperte di intonaci dipinti; su una vasta agorà a due livelli, inquadrata da grandi portici, prospettano edifici pubblici e santuari urbani, un teatro, granai, fornaci; un edificio termale di singolare concezione, recentemente riportato alla luce, riecheggia, anticipando soluzioni posteriori, la grande architettura ellenistica di Siracusa. […]