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Pompei: dieta ad hoc per gli schiavi

5 dicembre 2025


I lavoratori schiavizzati che i Romani consideravano solo come “strumenti parlanti” (instrumentum vocale), in alcuni casi godevano di una nutrizione migliore dei loro prossimi “liberi”.
Il quadro, già noto dalle fonti scritte, sembra ora trovare riscontro negli scavi della villa di Civita Giuliana vicino a Pompei dove, in uno degli ambienti al primo piano del quartiere servile, sono stati trovati anfore con fave, di cui una semivuota, nonché un grande cesto con frutta (pere, mele o sorbe).

Dieta per lavorare

Si tratta di integratori preziosi per uomini, donne e bambini ridotti in schiavitù, che abitavano in piccole celle di 16 mq. Ciascuna cella conteneva fino a tre letti. In quanto “strumenti di produzione”, il cui valore poteva arrivare a diverse migliaia di sesterzi, il padrone evidentemente aveva pensato bene di integrare la dieta dei lavoratori agricoli, basata sul grano, con alimenti ricchi di vitamine, come le pere o le mele, e proteine, come le fave.

Intreccio di coperchio 

Ubicazione non a caso

La conservazione al primo piano, in una zona dove le indagini stratigrafiche continueranno nei prossimi mesi, verosimilmente aveva una doppia finalità: in primo luogo, gli alimenti erano più protetti da parassiti come i roditori. (Fin dal 2023, sono stati trovati resti di diversi esemplari di topi e ratti negli alloggi servili del pianterreno, che non disponevano di un vero e proprio pavimento, ma solo di un battuto di terra).

Dettaglio del contenuto dell’anfora 

Inoltre, è probabile che comunque fosse previsto un razionamento e dunque un controllo di quanto ciascuno poteva prendere giornalmente dalla dispensa, anche in base alle mansioni, all’età e al sesso.

Dettaglio dei cesti impilati durante lo scavo

Non tutto per tutti

Tale controllo potrebbe essere risultato più facile conservando i viveri al primo piano, dove potrebbero aver alloggiato i servi più fidati del padrone di casa, che esercitavano un controllo sugli altri, secondo un articolato sistema ricostruito in precedenza in base all’analisi del quartiere servile.

Anfore e ceste dell’ambiente del quartiere servile 

L’area di scavo

Le indagini archeologiche si sono concentrate nel settore nord del quartiere servile nello spazio occupato dall’attuale strada di Via Giuliana, al di sotto della quale si sono messe in luce le strutture murarie riferibili ai piani superiori della villa, e in particolar modo a quattro ambienti delimitati da tramezzi in opus craticium.

Spaccato della Villa Servile di Civita Giuliana 

Notizie da altri calchi

Gli ambienti indagati al piano terra hanno restituito il calco dell’anta di una porta, composta da due pannelli rettangolari e con ancora le borchie in ferro, probabilmente una delle ante della porta a doppio battente che dal portico conduceva al corridoio che terminava all’ingresso del sacrario. Un secondo calco sembra rientrare nella sfera degli attrezzi agricoli, forse un aratro a spalla o una stegola, ovvero l’elemento che serve a guidare un aratro trainato da animali.

In rosso la localizzazione della Villa 

Un altro calco di notevoli dimensioni potrebbe essere interpretato come un’anta di un portone che, a giudicare dagli incassi e dagli alloggi presenti sul lato lungo superiore, doveva essere a doppio battente. La sua posizione leggermente inclinata verso la parete a cui si appoggia e la vicinanza alla stanza cosiddetta del carpentiere lascia ipotizzare che potesse essere qualcosa in attesa o in fase di riparazione.


In apertura: dettaglio di anfora con i resti organici