Archeologia Viva n. 235 – gennaio/febbraio 2026
pp. 72-79
di Anita Crispino
Con una vita di lavoro tutta trascorsa nell’Italia meridionale il grande archeologo roveretano rivoluzionò il modo di fare ricerca applicando sugli scavi un rigore stratigrafico e un’attenzione ai reperti minimi che avrebbero consentito una lettura inedita delle antiche civiltà mediterranee
L’8 novembre 1935 un telegramma giunse alla Soprintendenza di Siracusa con una notizia dolorosa e definitiva: Paolo Orsi, una delle figure più eminenti dell’archeologia italiana ed europea, era morto. Con la sua scomparsa si chiudevano una vita straordinaria e un intero capitolo della ricerca archeologica in Italia meridionale. Quella perdita lasciava un vuoto profondo, ma anche un’eredità destinata a influenzare generazioni di studiosi.
Per comprendere la portata del contributo di Orsi basta visitare uno dei grandi musei archeologici della Sicilia o della Calabria.
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