Archeologia Viva n. 235 – gennaio/febbraio 2026
pp. 6-21
di Nicola Castangia
Un patrimonio straordinario di monumenti e di ambienti rivive attraverso la ricerca e gli studi archeologici ma anche grazie alla conoscenza e alle emozioni che la fotografia d’arte riesce a trasmettere
Ecco l’esperienza di un grande fotografo che in decenni di attività ha saputo tradurre in immagini la profondità culturale dell’isola dei Sardi
Mi chiamo Nicola Castangia e sono trascorsi molti anni da quando ebbe inizio la mia ricerca per immagini dell’“anima sarda”. Era il 1988, e a bordo di un Piper PA-18 Super Cub avevo realizzato, con la leggendaria Hasselblad 500C, le foto aeree del volume l’Antiquarium Arborense e i civici musei archeologici della Sardegna, a cura del grande Giovanni Lilliu (autori E. Atzeni, U. Badas, S. Bafico e altri), editore il Banco di Sardegna.
Il passaggio dall’azzurro dei cieli al “mondo delle tenebre” avvenne anni dopo, quando per la prima volta entrai in una domus de janas, una di quelle grotticelle funerarie scavate nella roccia con rudimentali strumenti di pietra dalle genti della Sardegna prenuragica fra il Neolitico e l’età del Bronzo antico e che i sardi di oggi chiamano appunto “case delle fate”.
Se ne contano a migliaia, circa tremilacinquecento. È un mondo negato ai vivi, fatto di architetture, incisioni, rilievi, pitture… Nel buio si celavano vere opere d’arte – per lo più ignote agli stessi sardi di oggi – che attraverso il mio obiettivo potevano finalmente essere ammirate, dopo millenni di oblio.
Continua a leggere sulla rivista
