Incontro con Adriano La Regina La voce della storia

Archeologia Viva n. 136 – luglio/agosto 2009
pp. 72-73

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

«Stanno smantellando una concezione della tutela del patrimonio nata addirittura negli stati pre-unitari»

«Il Palatino è un archivio: sotto i livelli imperiali ci sono sette secoli di storia che aspettano»

«Romolo e Remo sono due personaggi del tutto leggendari «Dispiace anche a me: la Lupa capitolina è stata fatta nel Medioevo»

«È assurdo sentire come un peso la conservazione dei beni culturali»

Il professore ci riceve nel suo studio romano di piazza San Marco, alle spalle di Palazzo Venezia, dove ha sede lo storico Istituto Nazionale di Archeologa e Storia dell’Arte, di cui La Regina è presidente. Parliamo per due ore in modo disteso, molto colloquiale, senza retorica, senza frasi ad effetto. Sembra che l’uomo non conosca i toni forti.

Ma è bene non lasciarsi ingannare da tanta mitezza. Adriano la Regina, oltre che un grande studioso dell’Italia antica (a partire dalla sua attività nelle soprintendenze dell’Abruzzo e del Molise), è stato un deciso uomo di potere: soprattutto dal 1976 al 2004 come soprintendente ai beni archeologici di Roma (in parallelo con molti altri incarichi ai vertici ministeriali).

Statalista convinto, nel senso che crede nel valore delle strutture amministrative: «si lasciano morire le soprintendenze perché, con la loro autonomia, sono capaci di opporsi alla strumentalizzazione che i politici fanno dei beni culturali».

Per decenni ha trattato faccia a faccia con sindaci e direttori generali. Lo ha fatto per difendere il patrimonio archeologico più famoso del mondo con la forza della legge, ma anche del suo carattere, che non gli concede di fare sconti. Per questo non hanno fatto sconti neppure a lui appena hanno potuto mandarlo in pensione.

In effetti, quando puntava i piedi era un problema… Sintomatica è stata la sua amicizia con quell'”italiano scomodo” che fu Antonio Cederna. […]