Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 136 – luglio/agosto 2009

di Piero Pruneti

Colpo su colpo il Bel Paese se ne va. Il peggio è che per ora non assistiamo a un’inversione di tendenza. Abbiamo ereditato un patrimonio naturale, paesaggistico, monumentale e ne lasceremo uno immensamente più povero. Non riusciamo a creare e neppure a conservare. Nel Medioevo e nel Rinascimento si era capaci di distruggere edifici storici di valore, ma al loro posto se ne alzavano altri di straordinario impegno architettonico e artistico.

A Roma si smontavano i marmi imperiali, ma si creava la città dei Papi. Fu abbattuta la basilica costantiniana, ma si realizzò il San Pietro cinquecentesco. Anche quando si abbandonavano i vecchi centri abitati per l’imperversare dei terremoti, se ne costruivano altri più funzionali e più belli, si pensi solo alla città di Noto, distrutta dal sisma nel 1693 e ricostruita splendida. Succederà così anche per l’Aquila?

È inutile nasconderlo: la nostra epoca non è capace di indirizzare risorse e idee significative verso progetti in grado di sfidare il futuro e, al tempo stesso, vede nella conservazione di quanto ci giunge dal passato un gravame, un peso morto che sottrae risorse allo sviluppo. Vogliamo vivere di rendita sfruttando l’esistente e senza preoccuparci delle generazioni che verranno. A chi non piacciono la natura incontaminata, un centro urbano ordinato, i monumenti restaurati, i musei efficienti…

Il discorso cambia, quando andiamo a misurare quanto ognuno di noi è disposto a metterci di suo per avere tutto questo. Perfino la gestione dell’aria è in deficit: con i nostri comportamenti ne consumiamo troppa, come facciamo con l’acqua, con il territorio.

Il nostro patrimonio monumentale produce una rendita turistica da capogiro, che solo in minima parte viene reinvestita nella conservazione.

Lo dice chiaro l’ex soprintendente archeologo di Roma, Andriano La Regina, nell’intervista che pubblichiamo (parla del Palatino, ma vale per tutta l’Italia): «siamo davanti a una crisi gravissima di manutenzione ordinaria… lesinare il personale e dover chiudere dei percorsi di visita che portano fior di miliardi è una sciocchezza inaudita».

Sì, perché quando si vive alla giornata e senza riuscire a oltrepassare la linea dell’interesse privato, si arriva inevitabilmente al collasso del bene collettivo. Perché in un paese civile il salotto buono non è quello che abbiamo in casa, ma quello che vediamo dalla finestra.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”