Incontro con Riccardo Santangeli Valenzani La voce della storia

Archeologia Viva n. 135 – maggio/giugno 2009
pp. 76-77

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

«La consapevolezza radicata nel nostro occidente che un intero mondo può crollare affonda le radici nella fine dell’ecumene di Roma»

«In pochi anni la popolazione dell’Urbe passò da mezzo milione a qualche decina di migliaia di abitanti»

«La crisi delle città si manifesta archeologicamente con lo svuotamento e il collasso dei servizi»

«Non ci sono crisi urbane in vista paragonabili a quella che abbiamo avuto in Europa millecinquecento anni fa ma è vero che viviamo in società fragilissime»

Viviamo o frequentiamo le nostre città come fossero il nostro habitat naturale. In realtà le città esistono solo da qualche migliaio di anni, un periodo infinitesimale nella storia dell’uomo. Città che, in questo “breve” lasso di tempo, sono precocemente nate e scomparse, oppure nate come città e ridotte a modesti villaggi, oppure si sono ampliate e ridotte più volte nel corso della loro vita.

Solo in età moderna e contemporanea assistiamo a un’evoluzione continua degli spazi urbani, fino ai mostruosi agglomerati indotti dalla rivoluzione industriale e, in tempi ormai recenti, dall’abbandono delle campagne.

Possiamo oggi parlare di un “trionfo” delle metropoli, anche se a ben guardare nelle sempre più estese e squallide periferie di un trionfo misero si tratta.

Della città parliamo con Riccardo Santangeli Valenzani, docente di Metodologie della Ricerca archeologica all’Università di Roma Tre.

Ne parliamo a partire da quella crisi epocale che fu segnata dalla fine dell’impero romano, nell’ambito del quale i centri urbani avevano toccato, almeno in occidente, un massimo storico di organizzazione e bellezza.

L’analisi di come dalle città romane si è passati a quelle medievali, poi rinascimentali e moderne, è di estremo interesse per capire le dinamiche societarie dell’essere uomo. […]