La solitaria necropoli di Dishasha Taccuino di viaggio

Egitto. La necropoli di Dishasha

Archeologia Viva n. 135 – maggio/giugno 2009
pp. 72-74

di Maurizio Zulian

Dal nostro inviato speciale il racconto della terza indimenticabile tappa fra le testimonianze di un Egitto sconosciuto e fuori mano

Un foulard colorato incornicia il volto giovanile di madame Nadia Ashur, direttrice della Soprintendenza di Beni Suef che mi riceve nel suo ufficio. Intanto mi fa servire in un bicchiere di vetro – com’è costume nell’Alto Egitto – l’immancabile tè aromatizzato con foglioline di menta e dei pasticcini.

La mia venuta è stata preannunciata e il permesso rilasciato dal Consiglio Superiore delle Antichità Egizie mi apre le porte ad alcune aree archeologiche di questa parte del Paese. Ci avviamo dunque verso la meta.

Dopo quasi un’ora di strada bianca, percorsa in una perenne nuvola di polvere, raggiungiamo la necropoli rupestre di Dishasha, dal nome del villaggio vicino. Siamo a 25 chilometri dal capoluogo Beni Suef e 160 chilometri a sud del Cairo.

La necropoli è sulla riva sinistra del Nilo ai limiti del deserto occidentale ed è costituita da circa duecento tombe ipogee, databili alla fine dell’Antico Regno (2575-2135 a.C.), sparse su una serie di speroni rocciosi (numerati dagli archeologi da 1 a 7). Alcuni ipogei appartengono ai dignitari del XX nomo, il Melograno Superiore dell’Alto Egitto (secondo l’insegna che distingueva questa provincia).

Due di queste tombe, quelle di Inti e di Iteti/Shedu, ambedue molto antiche, sono famose per le decorazioni. […]